Opinioni

È sempre più Tele Meloni: premier e ministri "immuni" alla par condicio

Giorgia Meloni e Bruno Vespa (LaPresse)

Quello che sta accadendo in Rai da quando si è insediato il governo guidato da Giorgia Meloni non si era mai visto nella storia della Repubblica. Con un colpo di mano e "col favore delle tenebre", gli esponenti della maggioranza hanno approvato un emendamento in commissione di Vigilanza che di fatto solleva la premier, i ministri e i sottosegretari, dalle regole della par condicio, permettendo ai membri del governo di fare i loro monologhi nei talk show e nei telegiornali del servizio pubblico senza contraddittorio e soprattutto senza che parta quel "contatore" che dovrebbe assicurare a tutti i partiti una parità di trattamento a due mesi dalle elezioni. Anomalia nell'anomalia, questo permetterà agli esponenti dell'esecutivo candidati alle elezioni europee, come la stessa presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, degli spazi di campagna elettorale non regolamentati. La "nuova" par condicio è stata duramente contestata dai giornalisti dell'azienda, che hanno diramato un comunicato di fuoco letto durante i Tg ed è stato di fatto sconfessato da Agcom, che ha ribadito, votando il regolamento per le elezioni europee senza variazioni, che tutti i partiti dovranno avere gli stessi spazi nei telk e nei programmi di approfondimento. 

Giorgia Meloni e i ministri "immuni" alla par condicio, l'ira delle opposizioni: "Come in un regime"

Nella narrazione ignorante di molti commentatori, la destra sta facendo esattamente quello che ha fatto la sinistra per decenni (non si capisce a quali decenni si riferiscano, visto che dopo la grande lottizzazione dei partiti della Prima Repubblica arrivò quella berlusconiana...) e quindi ci sarebbe poco da lamentarsi. In realtà, prima di oggi, l'ultimo colpo alla libertà e al pluralismo della televisione di Stato era partito proprio da destra, con quello che passò alle cronache come "l'editto bulgaro", quell'ordine dell'allora premier Silvio Berlusconi che fece allontanare Michele Santoro, Enzo Biagi e Daniele Luttazzi. Perché sì, l'azienda è sempre stata lottizzata dalla politica e dai governi, ma è sempre stato garantito il pluralismo, sia nelle presenze degli esponenti politici, che nelle conduzioni dei programmi. Sotto i governi del centrosinistra, ad esempio, a nessuno è mai venuto in mente di sospendere le trasmissioni di Bruno Vespa, da sempre apertamente schierato con il centrodestra, o di far sparire dal video i giornalsti di quell'area politica. Persino durante i governi Berlusconi, al netto di quell'epurazione senza precedenti, erano garantiti spazi di replica e soprattutto veniva applicata la par condicio, malgrado lo stesso Cavaliere ne fosse allergico. 

La fame di potere

Giorgia Meloni e i suoi stanno riuscendo a far rimpiangere l'uomo che li sdoganò, abolendo di fatto quella regola in vigore dal 1993 che serviva proprio a impedire che i canali Rai diventassero un megafono senza contraddittorio dei potenti di turno. L'impressione è che molti esponenti dell'attuale destra non si sentano "digiuni di potere" dal 12 novembre del 2011 - data in cui rassegnò le dimissioni il governo Berlusconi IV - ma dal 25 luglio del 1943. E la fame di potere porta a una bulimia che parte dal controllo pressoché totale della televisione di Stato e coinvolge tutte le istituzioni culturali, dai musei ai festival letterari, dal cinema alla direzione dei teatri. Una voglia di rivalsa che non tiene conto di quelle regole scritte e non scritte che dovrebbero garantire degna rappresentanza a tutti i cittadini, anche a quella maggioranza della popolazione che non vota i partiti che formano l'attuale governo: cittadini condannati all'opposizione dall'incapacità di fare sintesi da parte di chi avrebbe il compito di offrire un'alternativa.

La Rai sarà più a destra di Mediaset

Difficilmente l'Agcom avallerà la forzatura delle destre sulla par condicio e questo porterà a un ennesimo paradosso: durante la campagna elettorale in vista delle elezioni di giugno, le reti private - comprese quelle di proprietà della famiglia Berlusconi - subiranno regole più restrittive rispetto a quelle della tv pubblica. In pratica la par condicio sarà garantita su Canale 5 ma non su Rai1, per intenderci. Uno scenario quasi fantascientifico, che rende l'idea della portata dello strappo. Quella di viale Mazzini è una violenta occupazione che non tiene conto neanche del crollo degli ascolti. I telespettatori sono in fuga: secondo gli ultimi dati disponibili, il Tg1 diretto da Gian Marco Chiocci ha perso 336mila spettatori, seguito a ruota dal Tg2 che ne ha lasciati sul campo 160mila. Contiene i danni il Tg3, che perde "solo" 60mila spettatori. Insomma, mentre Giorgia Meloni e i suoi utilizzano sempre più la Rai come una loro proprietà privata, molti italiani resistono brandendo un'arma molto potente: il telecomando.


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