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Il caso di Antonella Franco: perché il contagio dopo una sola dose del vaccino è possibile

La direttrice del reparto di Malattie infettive dell'ospedale Umberto I di Siracusa è risultata positiva dopo aver ricevuto il 28 dicembre la prima iniezione del preparato: gli esperti spiegano perché è possibile contagiarsi e quanto bisogna attendere per avere l'immunità

La direttrice del reparto di Malattie infettive dell'ospedale Umberto I di Siracusa Antonella Franco è risultata positiva al coronavirus dopo aver ricevuto il 28 dicembre a Palermo la prima dose del vaccino Pfizer-BioNTech. "Sono risultata positiva al Covid ma rifarei il vaccino e farò il richiamo che rappresenta l'unica grande opportunità che abbiamo per vincere questa battaglia. Se non l'avessi fatto il virus indisturbato mi avrebbe arrecato magari un danno irreversibile", ha detto lei ieri, ricoverata attualmente nel suo stesso reparto. Ma perché è possibile essere contagiati dopo aver ricevuto una sola dose del vaccino?

Il caso di Antonella Franco: perché il contagio dopo una sola iniezione del vaccino è possibile

"La protezione immunitaria è completa solo dopo la somministrazione della seconda dose del vaccino anti Covid-19", ha spiegato ieri il presidente del Consiglio Superiore di Sanità,Franco Locatelli."Negli articoli scientifici  è chiaramente riportato che anche negli studi clinici si sono infettate persone dopo la prima dose proprio perché la risposta immunitaria non è ancora completamente protettiva. E lo diventa soltanto dopo la seconda dose. Questa è una delle ragioni per non abbandonare comportamenti responsabili dopo essere stati vaccinati". Il sospetto, inoltre, è che la dottoressa, tra le prime in Sicilia a ricevere il vaccino, potesse già avere in incubazione l'infezione da asintomatica. La dottoressa Franco fa parte del gruppo di operatori sanitari in prima linea nella lotta al Coronavirus. E per il suo ruolo il dirigente medico è stata sottoposta al controllo con il tampone continuamente ed è stata scelta per le prime somministrazioni.

La piena efficacia (95%) si raggiunge a una settimana di distanza dalla seconda dose, che va fatta dopo tre settimane dalla prima. Antonella Franco ha detto di essersi sottoposta diverse volte al tampone prima di vaccinarsi, risultando sempre negativa, quindi è probabile che si trovasse nella fase di incubazione o che si fosse contagiata molto recentemente. "I dati relativi al vaccino Pfizer stimano un’efficacia del 52% dopo la prima dose, che va aumentando nel tempo, fino a superare l’80% a distanza di dieci giorni — spiega oggi al Corriere della Sera Stefania Salmaso dell’Associazione italiana di epidemiologia, già a capo del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell’Istituto superiore di Sanità —. Con la seconda somministrazione l’efficacia prevista è intorno al 95%. Per questo motivo un’infezione identificata a distanza di sei giorni dalla prima dose non è un fallimento, né un caso di inefficacia vaccinale". 

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Per diventare immuni bisogna aspettare un mese

Repubblica spiega oggi che a 2-3 settimane dal vaccino la protezione è intorno al 70%. Poi si somministra la seconda dose e dopo un’altra settimana si ottiene la protezione massima, che per i prodotti di Pfizer-BioNTech e Moderna è del 95%. Vuol dire che il 5% dei vaccinati non è protetto nemmeno dopo questo periodo di tempo. L’unico modo per scoprirlo è fare un test sierologico e vedere se si hanno gli anticorpi nel sangue. 

Perché occorre tutto questo tempo?
La formazione della memoria immunitaria è un processo complesso, che avviene in più tappe. «Il vaccino induce alcune nostre cellule a produrre la proteina spike del coronavirus» spiega Andrea Cossarizza, immunologo dell’università di Modena e Reggio Emilia. La spike è la punta della corona del coronavirus ed è la parte che il nostro sistema immunitario impara a riconoscere e bloccare per frenare l’infezione. «La produzione e il riconoscimento della spike sono solo la prima fase dell’attivazione del sistema immunitario, e da sole richiedono alcuni giorni».

Ma nemmeno l’arrivo dei primi anticorpi IgG, a partire da 10 giorni dopo il vaccino, indica che la protezione è veramente efficace. "I linfociti B e anche quelli T iniziano a subire un processo di affinamento che li rende sempre migliori", spiega Cossarizza. "I linfociti B subiscono una serie di mutazioni casuali che ne migliorano la qualità. Solo quelli più affini alla spike vengono mantenuti e proliferano". Tramite un processo di selezione naturale, con il tempo il sistema immunitario si dota di una popolazione di anticorpi sempre più affine al coronavirus ed efficiente. 


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