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Coronavirus, la storia di Franco: "Mi avevano dato per spacciato. E invece eccomi qui"

Il racconto di un 79enne di Novafeltria: "Grazie agli angeli in camice sono tornato a vivere"

Franco Cesare Sebastiani

"Grazie agli angeli in camice sono tornato a vivere". Franco Cesare Sebastiani, 79 anni di Novafeltria (Rimini), è riuscito a sconfiggere il coronavirus dopo aver passato due settimane attaccato ad un ventilatore.  Di quel periodo passato immobile nel letto non ricorda nulla: come tanti pazienti covid-positivi nei momenti più duri della malattia era sedato e non cosciente, ma sa benissimo che senza i medici e gli infermieri dell’ospedale Infermi di Rimini forse non ce l’avrebbe fatta. Il 79enne, si legge una nota della Ausl Romagna, è convinto di aver contratto il covid al compleanno della nipotina "che abita fuori regione". 

Qualche giorno dopo essere rientrato a casa “ho iniziato ad avere la febbre” racconto l’uomo. “Ho preso la tachipirina e all’inizio si è abbassata, ma poi è tornata molto alta e facevo fatica a respirare. Allora ho deciso di andare al Punto di Primo soccorso di Novafeltria”. E lì cosa è successo? "I medici - dice l’uomo -  hanno capito che ero un caso sospetto di Coronavirus. Mi hanno subito isolato e, con una ambulanza attrezzata, mi hanno portato all’ospedale di Rimini".

I medici si sono resi conto immediatamente della gravità della situazione. "Così mi hanno ricoverato in Rianimazione e quasi subito intubato. Di quel periodo non ricordo nulla. Ricordo solo quando mi sono risvegliato". 

Guarisce dal covid: "Mi avevano dato per spacciato"

Anche la riabilitazione non è stata una passeggiata. "Ero molto debilitato - racconta il 79enne - e non mi reggevo in piedi, ma con le fisioterapiste ho iniziato a recuperare la stazione eretta aiutandomi con un deambulatore e ho fatto il primo passo. Poi mi hanno trasferito qui a Novafeltria". E ha ripreso anche i contatti coi suoi famigliari? "Sì, mia moglie, con tutte le cautele del caso, viene a portarmi abiti e altre cose" racconta ancora l’anziano. "Ho potuto parlare al telefono anche con altri conoscenti: mi hanno detto che, per quelle che erano le mie condizioni, mi avevano dato per spacciato. E invece eccomi qui".

Il 79enne ha voluto lanciare anche un messaggio ai malati e alle loro famiglie: "Ci vuole tanta pazienza e bisogna fidarsi di quello che raccomandano i medici. Bisogna rispettare le regole. Se ci viene detto che è meglio non uscire di casa bisogna fare così, non c’è altro da fare. E poi - dice ancora - vorrei ringraziare tanto e di cuore tutti i medici, infermieri, operatori con cui ho avuto contatto e che si sono presi cura di me. Rianimatori, infettivologi, riabilitatori e specialisti di altri servizi. Tutti molto bravi, professionali, e tanto gentili. Non ce ne è stato uno che abbia avuto un qualsiasi gesto di impazienza o scortesia, nonostante il grande impegno che sopportano. E vorrei fare un complimento anche alle cucine ospedaliere per la qualità e il gusto del cibo. Da zero a dieci, tutti meritano il massimo dei complimenti". 


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