Attualità

Dj Fabo e Cappato, storia (triste) di un Parlamento che non può più restare immobile

La Corte Costituzionale ha chiesto a chiare lettere che il Parlamento intervenga sul suicidio assistito, entro 11 mesi, per colmare il vuoto legislativo e di tutela sui diritti delle persone malate. Perché non è solo un monito: ne abbiamo parlato con Giulia Crivellini, dell'Associazione Luca Coscioni

Marco Cappato, Ansa

E' un monito, un ultimatum alla politica troppo spesso assente sui temi etici. Ma non è solo questo. Il pronunciamento della Corte costituzionale, che ieri ha rinviato a settembre 2019 la decisione sul caso di Marco Cappato, accusato di aver aiutato Dj Fabo a morire portandolo in Svizzera, "è una vittoria straordinaria, una vittoria giuridica e politica senza precedenti". Il perché ce lo spiega Giulia Crivellini dell'Associazione Luca Coscioni, da anni impegnata sui temi (tra gli altri) del fine vita.

Cosa ha deciso la Corte sul caso di Marco Cappato e Dj Fabo

Ma andiamo con ordine. La vicenda arrivata nelle aule della Consulta è quella di Fabiano Antoniani, che a causa di un incidente divenne tetraplegico, cieco e non più autosufficiente. Nel febbraio 2017 decise di ricorrere al suicidio assistito. Marco Cappato, esponente dei Radicali e dell'associazione Luca Coscioni, lo accompagnò in una clinica svizzera e poi si autodenunciò. Per questo è finito sotto processo a Milano dove i giudici dopo averlo assolto dall'imputazione di istigazione al suicidio hanno chiesto l'opinione della Corte sull'articolo 580, approvato durante il regime fascista, che parla proprio di istigazione e aiuto al sucidio, ritenendola insufficiente, non più adatta a proteggere in modo bilanciato i diversi interessi e diritti all'autodeterminazione. Con il pronunciamento arrivato ieri, la Consulta ha rinviato a settembre 2019 la decisione sul "caso Dj Fabo-Cappato", e ha chiesto al Parlamento di intervenire sul suicidio assistito, facendo una legge entro 11 mesi, perché quella attuale presenta vuoti di tutela.

"Corte costituzionale garante per la tutela dei diritti"

"Nel riconoscere che esiste un vuoto legislativo che riguarda i diritti delle persone malate, la Corte rimanda al Parlamento la trattazione della materia - ci racconta al telefono Giulia Crivellini - affinché emani una disciplina organica sul fine vita, ma al contempo dà una scadenza. La svolta e l'importanza di questa sentenza sta proprio qui. La Consulta dice al Parlamento: 'Legifera sul fine vita, ma hai tempo fino a settembre 2019'". E cosa succede se i tempi - per un Parlamento finora latitante sui temi etici - non vengono rispettati? "Se questo non dovesse avvenire, a settembre del prossimo anno in ogni caso la Corte si pronuncerà di nuovo sulla questione - aggiunge Crivellini -, per verificare se il vuoto di tutela che i giudici hanno già accertato ci sarà ancora. L'importanza del pronunciamento sta nel fatto che la Corte si fa anche garante per la tutela dei diritti, qualora questa non fosse rispettata".

Eluana, Fabo, Piergiorgio e gli altri: chi ha dato la vita per il diritto alla morte

La Corte, insomma, ha chiamato il Parlamento ad una forte assunzione di responsabilità. E ha imposto una calendarizzazione. Ora le Camere hanno la strada spianata per affrontare finalmente il tema e per discutere la proposta di legge di iniziativa popolare per l'eutanasia legale, depositata nel 2013 proprio dall'Associazione Luca Coscioni. "Si partirà proprio da questo testo - dice Giulia Crivellini -, ma lo scenario politico appare già spaccato. Il presidente della Camera Roberto Fico ha subito twittato, parlando di 'una decisione della Consulta che rappresenta un'occasione importante per il Parlamento. La politica affronti il tema dell'eutanasia'. Ma altri esponenti, anche importanti, di questo governo non si sono esposti. Ora nessuno, nemmeno la Lega, potrà più trincerarsi dietro le parole 'il contratto di governo non lo prevede', perché tutti dovranno fare i conti con la decisione della Corte".

Non c'è molto tempo da perdere. Perché nessuno debba più emigrare di nascosto come Fabiano Antoniani per andarsene con dignità.

Processo Cappato: dalla morte di Dj Fabo alla Consulta, le tappe del caso | Clicca su continua

Il 13 giugno del 2014 un grave incidente stradale cambia la vita di Fabiano Antoniani, all'epoca 37enne, conosciuto nel mondo delle discoteche di Milano come Dj Fabo. In seguito all'incidente, subisce lesioni al midollo spinale e a due vertebre cervicali. Fabiani diventa cieco e tetraplegico: non può muovere braccia e gambe, viene nutrito con un sondino e respira grazie a un ventilatore. Da quel momento è costretto a letto, immobilizzato e completamente dipendente dai farmaci e dagli antidolorifici, sperimentando diverse terapie ma senza risultati. Nel gennaio del 2017 Dj Fabo registra un video-appello destinato al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Chiede "di poter porre fine a una vita che non ho scelto, immobilizzato in una lunga notte senza fine. Vorrei poter scegliere di morire, ma senza soffrire". L'uomo, infatti, vorrebbe poter mettere in pratica l'eutanasia, che in Italia non è legale. Con l'aiuto della sua fidanzata Valeria Imbrogno, cercando informazioni sul suicidio assistito, entra in contatto con l'associazione Luca Coscioni e con il radicale Marco Cappato, che hanno depositato in Parlamento già nel 2013 una legge sull'eutanasia, rimasta bloccata.

Eutanasia, italiani sempre più favorevoli

La richiesta di Fabiano Antonioni riapre il dibattito politico sulla legge sul fine vita. Dal Quirinale - nonostante contatti con Cappato - non arriva risposta. Dj Fabo, a febbraio, registra un nuovo appello, rivolto al Parlamento: "E' veramente una vergogna che nessuno dei parlamentari abbia il coraggio di mettere la faccia per una legge che è dedicata alle persone che soffrono, e non possono morire a casa propria, e che devono andare negli altri Paesi per godere di una legge che potrebbe esserci anche in Italia". Davanti alla sostanziale stasi nel dibattito politico, con la legge sull'eutanasia ancora rinviata, Dj Fabo annuncia a febbraio di aver deciso di andare in Svizzera, dove l'eutanasia è legale, per mettere fine alla sua vita. Fa ancora disperati appelli perché, spiega, "voglio morire nel mio Paese". Ad accompagnare Dj Fabo in Svizzera, in auto, è Marco Cappato. Il viaggio avviene il 26 febbraio: a Zurigo, nella clinica dell'associazione Dignitas, ad attendere Fabiano Antoniani, ci sono i suoi familiari e amici più stretti. Sul suo profilo Twitter scrive: "Sono finalmente arrivato in Svizzera, e ci sono arrivato purtroppo con le mie forze e non con l'aiuto dello Stato. Volevo ringraziare una persona che ha potuto sollevarmi da questo inferno di dolore, di dolore, di dolore. Questa persona si chiama Marco Cappato e la ringrazierò fino alla morte".

Dopo una visita medica e psicologica, che serve per confermare le sue condizioni di salute irreversibili e la sua volontà di morire, Dj Fabo si sottopone alla procedura del suicidio assistito. Sempre sui social, è Cappato a dare l'annuncio: "Alle 11,40 se ne è andato con le regole di un Paese che non è il suo". E racconta gli ultimi attimi di vita di Antoniani: "Dj Fabo ha morso un pulsante per attivare l'immissione del  farmaco letale: era molto in ansia perché temeva, non vedendo il pulsante essendo cieco, di non riuscirci. Poi però ha anche scherzato". Come già aveva annunciato in Svizzera, Marco Cappato torna in Italia e va in una caserma dei carabinieri a Milano ad autodenunciarsi. Il mio obiettivo è portare lo Stato a un'assunzione di responsabilità di fronte alle non-risposte alle persone malate terminali, uomini e donne che hanno un problema: non si vedono". E aggiunge: "Ho precisato ai carabinieri che stiamo aiutando altre persone, due persone in particolare hanno già un appuntamento in Svizzera e noi le aiuteremo, una materialmente, l'altra economicamente".

Si apre così ufficialmente il fascicolo per aiuto al suicidio, in base all'articolo 580 del codice penale (che prevede pene tra 6 e 12 anni di carcere), che viene affidato alle pm Tiziana Siciliano e Sara Arduino. A maggio 2017 la procura chiede l'archiviazione delle accuse contro Cappato perché, secondo la ricostruzione delle pm, Cappato avrebbe "aiutato Dj Fabo a esercitare il suo diritto alla dignità umana". Ma ad aprile il giudice per le indagini preliminari rigetta la richiesta: Cappato va processato e obbliga la procura a disporre l’imputazione coatta per il reato di assistenza al suicidio "per aver rafforzato il proposito suicidario di Antoniano Fabiani". Le udienze iniziano l’8 novembre 2017. Vengono man mano ascoltati testimoni (come la madre e la compagna di Fabiano) e interrogato Marco Cappato. A gennaio la pm Siciliano, chiedendo l'assoluzione di Cappato, mostra in aula i video di Dj Fabo e dice: "Noi abbiamo ricostruito la drammatica storia di Fabiano. Abbiamo potuto toccare con mano la vita di Fabo dal momento dell'incidente in modo sempre uguale con la stessa assenza di speranza e le stesse menomazioni fisiche. Viene da dire, 'Se questo è un uomo'".

Il 14 febbraio 2018 la Corte di Assise di Milano decide che gli atti del processo vanno rinviati alla Corte costituzionale per esprimere un giudizio di costituzionalità della norma. Per Cappato, quindi, non c'è né assoluzione né condanna. Dopo due udienze, il 24 ottobre 2018 la Corte costituzionale ha deciso un nuovo rinvio al 2019. Motivo: "L'attuale assetto normativo sul fine vita lascia prive di adeguata tutela determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione e da bilanciare con altri beni costituzionalmente rilevanti. Per consentire in primo luogo al Parlamento di intervenire con un'appropriata disciplina, la Corte Costituzionale ha deciso di rinviare la trattazione della questione di costituzionalità dell'articolo 580 codice penale, sull'aiuto al suicidio, all'udienza del 24 settembre 2019".


Si parla di