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Ousmane Sylla, il migrante morto perché l'Italia non poteva rimpatriarlo

Il 22enne della Guinea si è suicidato in un Cpr di Roma. Voleva tornare a casa, ha scritto prima di togliersi la vita. Ma nel suo caso l'espulsione era impossibile

Il messaggio scritto da Sylla prima di togliersi la vita. Fonte: No Cpr/Facebook

Chissà se ritrovando la libertà, fuori dalle mura di un centro denunciato più volte per le condizioni degradanti in cui vengono detenuti i migranti in attesa di espulsione, Ousmane Sylla avrebbe anche ritrovato la speranza. E con essa, la voglia di vivere una vita che invece si è spenta a soli 22 anni, appesa a una grata del Cpr di Ponte Galeria, a Roma, in una notte di inverno.  

Sylla, originario della Guinea, aveva ricevuto il decreto di espulsione il 13 ottobre scorso, riporta RaiNews. In base alla vecchia legge, avrebbe potuto lasciare il Cpr già il 13 gennaio. Ma il cosiddetto decreto Cutro, varato dal governo Meloni lo scorso maggio, ha prolungato il trattenimento prima del rimpatrio fino a 18 mesi. Un rimpatrio che nel caso del giovane migrante non sarebbe forse mai avvenuto.

Già, perché l'Italia non ha ancora accordi in tal senso con la Guinea, nonostante sia stato il principale Paese di arrivo dei migranti nel 2023. Abbiamo rapporti commerciali che portano ogni anno nel Paese africano prodotti made in Italy dal valore di 100 milioni di euro (in cambio, noi importiamo da loro beni, soprattutto ittici e agricoli, per soli 7 milioni). Ma nonostante il ministro degli Esteri Antonio Tajani ci stia lavorando da mesi, con la Guinea manca ancora quel pezzo di carta che consentirebbe i rimpatri dei suoi cittadini arrivati da noi illegalmente. 

In difesa di Tajani va detto che non è facile dialogare con un Paese guidato da una giunta militare che ha preso il potere con un colpo di Stato nel 2021. Da allora, il numero di giovani che ha lasciato la Guinea è aumentato progressivamente. Tra loro c'era anche Sylla.

Dopo lo sbarco in Italia, il 22enne era stato rinchiuso nel Cpr di Trapani. Poi, un incendio scoppiato in questo centro ha portato al suo trasferimento alla struttura di Ponte Galeria. Era il 22 gennaio. "Ousmane era triste, voleva tornare in Africa. Sentiva la nostalgia e piangeva spesso", hanno detto gli operatori della struttura a RaiNews. Altre testimonianze raccontano del suo desiderio di riabbracciare i due fratelli più piccoli. A quanto pare, poi, il giovane doveva ricevere terapie per contrastare l'epilessia, ma dal suo arrivo a Ponte Galeria non avrebbe mai richiesto i farmaci. 

Queste sono le scarne informazioni emerse finora sulla sua vita e sui suoi ultimi giorni. Il resto lo ha raccontato lui stesso scrivendo un messaggio sul muro della sua cella prima di impiccarsi: "Per favore, riportate il mio corpo in Africa, mi manca tantissimo il mio Paese, mi manca tantissimo mia madre. Le forze dell'ordine non capiscono nulla, nemmeno la mia lingua. Non ne posso più, voglio solo che la mia anima riposi in pace".


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