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Piera Aiello a volto scoperto contro la mafia: "Ora basta nascondermi"

Testimone di giustizia, vissuta per anni sotto falsa identità, si è candidata alle ultime elezioni ed è stata eletta. Sul Guardian il racconto della sua vita, dal matrimonio con il figlio del boss fino alla decisione di non mentire più a sua figlia e di scendere in campo

Piera Aiello. Foto Ansa

E' passato poco più di un mese da quando Maria Piera Aiello, deputata eletta in Sicilia con il M5s, ha deciso di mostrarsi ai suoi elettori e al mondo, rivelando la sua vera identità. Moglie e nuora di boss mafiosi, dopo la morte violenta del suocero e del marito Aiello è diventata testimone di giustizia, aiutata da Paolo Borsellino. Dopo aver vissuto per 27 anni in incognito, Aiello ha smesso di nascondersi ed è tornata in Sicilia. Per anni Piera ha dovuto mentire persino a sua figlia, finché questa non ha trovato in soffitta dei quadri firmati dalla madre con il proprio vero nome. "La curiosità di mia figlia in quella soffitta è stata uno dei tanti punti di svolta della mia vita", racconta Aiello al Guardian. "Le ho detto di ascoltare e ho iniziato a raccontare tutto fin dall'inizio, da migliaia di chilometri di distanza da quella soffitta, in Sicilia, dove tutto è iniziato".

"Così ho combattuto Cosa Nostra"

A 18 anni Piera Aiello è costretta a sposare Nicolò Atria, figlio di don Vito, boss della città di Partanna. Un matrimonio senza amore, in una famiglia dove le donne non avevano alcun potere, soggette alla volontà maschile e alle rigide regole del branco. Quando Nicolò scopre che Piera prende la pillola perché non vuole avere figli da lui, la picchia per una settimana intera e la stupra. La picchia anche quando scopre che sta studiando per passare il concorso per diventare agente di polizia, pure se è incinta. "Non mi sono mai arresa. La mia resistenza a ogni schiaffo, colpo o insulto era il mio modo di combattere Cosa Nostra". 

Costretta a nascondersi per 27 anni, ora è il volto della guerra alla mafia 

Quando don Vito viene ucciso, Nicolò giura che lo vendicherà ammazzando i suoi killer. Ma anche lui sarà freddato a colpi di pistola, sparati da sicari che lo riempiono di piombo mentre si trova all'interno della pizzeria che gestiva con la moglie. Piera è lì, vede tutto. Il giorno dopo decide di andare dai carabinieri. Il maresciallo la indirizza a Marsala, dove c'è l'unico uomo di cui può fidarsi: Paolo Borsellino. Il magistrato la mette sotto scorta, l'aiuta a nascondersi, le fa lasciare la Sicilia. Con lei c'è anche Rita, sua cognata, sorella di Nicolò. 

Una nuova vita sotto copertura

Pochi giorni dopo la morte di Borsellino a via D'Amelio, Rita si sente perduta e si suicida, gettandosi dal settimo piano.  "Ho sentito la responsabilità di portare avanti anche la sua ribellione", ricorda Piera. Le loro testimonianze hanno permesso l'arresto di dozzine di mafiosi tra Agrigento e Trapani, mentre lei si rifà una vita nel Nord Italia. Conosce un uomo, gli racconta tutto, si sposano davanti a don Ciotti e con Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, come testimone e tanti magistrati e membri delle forze dell'ordine come invitati. Il marito è l'unico in famiglia a sapere la verità, le figlie rimangono all'oscuro di tutto. 

La "candidata senza volto"

Piera intanto gira l'Italia a volto coperto e e senza nome, partecipando a eventi nelle scuole o manifestazioni organizzate da associazioni anti-mafia, fino a quel punto di svolta: la soffitta. E' la figlia a convincerla a entrare in politica, a candidarsi con il Movimento 5 Stelle, diventando la "candidata senza volto", costretta a fare campagna elettorale con il viso coperto da una sciarpa. Viene eletta e la maggior parte dei voti arrivano proprio dalla provincia di Trapani, il regno della mafia di Matteo Messina Denaro, il boss latitante. 
Il suo impegno politico è per i testimoni di giustizia come lei, perché non si sentano abbandonati dallo Stato dopo essere stati usati: rendere migliori le loro vite significa anche incoraggiare sempre più persone a ribellarsi e a parlare, dice. 


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