Salute

Cos'è e quali sono le cause della “nebbia cerebrale" nei pazienti Covid

Alcuni ricercatori hanno scoperto qual è la causa dei sintomi neurologici legati al Long Covid, e aperto la strada allo sviluppo di potenziali terapie per curarli

Long Covid

I pazienti con Covid grave o lieve possono sviluppare una serie di complicanze neurologiche. In quelli con Covid grave può verificarsi ad esempio un’encefalopatia (malattia dell'encefalo) come conseguenza dell’ipossia (carenza dell'ossigeno a livello dei tessuti dell’organismo) o di una disfunzione multiorgano, sebbene i meccanismi sottostanti siano ancora oggi poco chiari. Altri, invece, possono sviluppare un ictus ischemico o emorragico, nonché una varietà di sindromi immuno-mediate post-virali (disturbi che colpiscono i nervi periferici su base autoimmune). Non è chiaro se alla base di queste complicanze ci sia un'infezione virale delle cellule cerebrali (tesi poco accreditata poichè tracce del SARS-CoV-2 non sono mai state trovate nel liquido cerebrospinale dei pazienti con sintomi del Sistema Nervoso Centrale) o se queste sindromi siano secondarie a fenomeni mediati dal sistema immunitario. Tuttavia, molti pazienti lamentano sintomi persistenti di difficoltà cognitive, affaticamento estremo, sonno e disfunzione autonomica che durano diversi mesi dopo il recupero dall'infezione acuta, suggerendo una sindrome post-virale del SNC, definita Covid lungo.

Per esplorare le causa di questa sindrome del Covid Lungo, gli scienziati del National Institutes of Health degli Stati Uniti hanno esaminato il tessuto cerebrale di nove pazienti Covid deceduti improvvisamente dopo aver contratto il virus, e scoperto che la risposta immunitaria innescata dall'infezione danneggia i vasi sanguigni del cervello e può portare a sintomi neurologici a breve e lungo termine. “In precedenza avevamo mostrato danni ai vasi sanguigni e infiammazioni nel cervello dei pazienti durante l'autopsia, ma non capivamo la causa del danno. Con questo studio abbiamo acquisito una visione allargata della cascata di eventi". La ricerca è stata pubblicato sulla rivista Brain.

Lo studio

Lo studio si è basato su una ricerca precedente degli stessi autori, che ha fornito le prove di danni cerebrali causati dall'assottigliamento e dalla perdita dei vasi sanguigni. I ricercatori sospettavano che il danno potesse essere dovuto alla naturale risposta infiammatoria del corpo al virus. Per esplorare ulteriormente questa risposta immunitaria, hanno così esaminato il tessuto cerebrale di nove pazienti (sette maschi e due femmine, di età compresa tra i 24 e i 73 anni) che erano morti durante la prima ondata della pandemia (da marzo a luglio 2020). Cinque pazienti (56%) erano morti improvvisamente, quattro (44%) sono stati trovati morti in casa, uno (11%) in una metropolitana. I restanti pazienti sono morti entro giorni o settimane dopo l'inizio dei sintomi. Tutti i pazienti avevano mostrato anomalie microvascolari, prove di danni ai vasi sanguigni nel cervello esaminato con la risonanza magnetica post-mortem. Il team ha esaminato in particolare la neuroinfiammazione e le risposte immunitarie utilizzando una tecnica chiamata immunoistochimica, che utilizza anticorpi per identificare specifiche proteine marcatori nei tessuti.  cervelli sono stati poi confrontati con quelli di un gruppo di controllo composto da nove maschi e una femmina, di età compresa tra 43 e 74 anni

Gli anticorpi contro il Covid attaccano erroneamente le cellule del cervello

Coerentemente con uno studio precedente, i ricercatori non hanno rilevato tracce di SARS-CoV-2 nel cervello dei pazienti, e questo suggerisce che il virus non infetta direttamente il cervello. Piuttosto, gli scienziati hanno scoperto che sono gli anticorpi prodotti contro il Covid-19 a prendere di mira erroneamente le cellule endoteliali che rivestono i vasi sanguigni del cervello - la "barriera emato-encefalica” (che impedisce alle sostanze nocive di raggiungere il cervello consentendo il passaggio delle sostanze necessarie) - causando infiammazioni e danni.

Il danno alle cellule endoteliali porta le piastrine ad attaccarsi alle pareti dei vasi sanguigni, provocando la formazione di coaguli e la comparsa di perdite: ciò provoca sanguinamenti e coaguli in alcuni pazienti Covid e può aumentare il rischio di ictus. Una volta che si verifica una perdita, le cellule immunitarie come i macrofagi possono venire a riparare il danno, provocando l'infiammazione. E questo, a sua volta, provoca danni ai neuroni”. “Abbiamo scoperto - hanno riferito i ricercatori - che nelle aree con danni alle cellule endoteliali, più di 300 geni hanno mostrato una ridotta espressione, mentre sei geni sono aumentati. Questi geni erano associati a stress ossidativo, danno al DNA e disregolazione metabolica". 

Cosa scatena la nebbia cerebrale e gli altri sintomi del Long Covid

Insieme, questi risultati forniscono informazioni sulla risposta immunitaria che danneggia il cervello dopo l'infezione da COVID-19. Ma non è chiaro quale antigene stia prendendo di mira la risposta immunitaria, poiché il virus stesso non è stato rilevato nel cervello. “È possibile - ha spiegato il dottor Nath - che gli anticorpi contro la proteina Spike possano legarsi al recettore ACE2 utilizzato dal virus per entrare nelle cellule, ma sono necessarie ulteriori ricerche per esplorare questa ipotesi”. Questa scoperta potrebbe, però, spiegare perché alcune persone hanno sintomi neurologici a lungo termine dopo il Covid, che includono mal di testa, affaticamento, perdita del gusto e dell'olfatto, problemi di sonno e "nebbia cerebrale". Se i pazienti nello studio fossero sopravvissuti, i ricercatori ritengono che probabilmente avrebbero sviluppato il Long Covid. 

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La scoperta apre la strada a possibili terapie contro il Long Covid

I risultati di questo studio hanno implicazioni terapeutiche molto importanti. Potrebbero aprire la strada allo sviluppo di terapie efficaci per curare i sintomi neurologici del Long Covid, come un farmaco che mira all'accumulo di anticorpi sulla barriera ematoencefalica. "Come abbiamo visto dal nostro studio, è del tutto possibile che questa stessa risposta immunitaria persista nei pazienti con Covid lungo con conseguente danno neuronale - ha affermato il dottor Nath -. Potrebbe esserci una piccola risposta immunitaria indolente che sta continuando, il che significa che le terapie immunomodulanti potrebbero aiutare questi pazienti”.


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