Salute

I topi nati da due padri biologici

La tecnica utilizzata per trasformare le cellule maschili in ovociti (cellule uovo) potrebbe un giorno aiutare le coppie di maschi omosessuali ad avere figli biologici

Topo (foto Pixabay)

Le cellule staminali pluripotenti (presenti negli embrioni, nel feto, nella placenta e nel cordone ombelicale, e in minore quantità anche nel midollo osseo, nel sangue, nel cervello e nel tessuto adiposo dell’adulto) hanno la capacità di ricostituirsi e di differenziarsi in qualsiasi tipo di cellula del corpo. Per questa caratteristica consentono di studiare malattie in coltura e di produrre cellule personalizzate per la cura di numerose patologie oltre che per la rigenerazione dei tessuti (medicina rigenerativa). Tuttavia, la loro crescita in vitro comporta anche dei rischi: lunghi periodi di coltura possono infatti portare ad errori genetici come l'aneuploidia, caratterizzata da alterazioni del numero dei cromosomi che vengono duplicati in modo errato o eliminati. Questa anomalia può colpire qualsiasi cromosoma all'interno delle nostre cellule (ogni cellula del nostro corpo contiene 23 coppie di cromosomi: 22 coppie omologhe e 1 coppia XY o XX). Nel caso della sindrome di Down, ad esempio, notoriamente causata da una copia in più del cromosoma 21, l'aneuploidia colpisce specificamente i cromosomi sessuali X o Y (XX=femmina, XY=maschio).

Ora, i ricercatori del laboratorio di Katsuhiko Hayashi, professore presso il Dipartimento di Medicina e Biologia delle Cellule Staminali della Kyushu University, in Giappone, hanno ‘sfruttato’ questa tendenza all'aneuploidia per trasformare in vitro le cellule staminali embrionali di topi maschi in cellule uovo (ovociti), fecondandole poi in vitro con lo sperma. Dalla fecondazione sono nati sette topi sani. Una scoperta importante, che potrebbe avere delle implicazioni per il trattamento dell’infertilità offrendo l’opportunità anche a due uomini omosessuali di avere figli biologici senza ricorrere all’utero in affitto. "Anche se la strada è ancora molto lunga - ha affermato Katsuhiko Hayashi, che ha guidato la ricerca -, e sebbene esistano enormi differenze a livello biologico tra topi ed esseri umani che rendono certamente non immediato il trasferimento di questi risultati all’ambito clinico, crediamo che entro un decennio saremo in grado di creare uova umane coltivate a partire da cellule maschili". I risultati dello studio sono stati pubblicati su Nature e presentati al terzo vertice internazionale sull'editing del genoma umano presso il Francis Crick Institute di Londra.

Le scoperte precedenti

Il team guidato dal biologo Katsuhiko Hayashi aveva già individuato, in uno studio del 2020 pubblicato sempre su Nature, il meccanismo attraverso il quale sviluppare in laboratorio degli ovociti (cioè le cellule uovo prodotte dall’apparato riproduttivo femminile che, se fertilizzate dagli spermatozoi, danno origine all’embrione) a partire da cellule staminali pluripotenti di topo. L’anno successivo, è poi riuscito a generare in laboratorio anche l’ambiente dentro il quale le cellule uovo si trovano, e che rende possibile le prime fasi di crescita dell’embrione dopo la fecondazione.

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Lo studio

Grazie a queste scoperte, il team di Hayashi è riuscito ad ottenere delle cellule uovo, quindi con un corredo cromosomico femminile (XX), a partire da cellule prelevate dalla pelle della coda di topi maschi (XY), riportandole prima allo stadio di cellule staminali pluripotenti e poi inducendole a specializzarsi in ovociti. Questo è stato possibile perché le cellule maschili (anche negli esseri umani) possono andare incontro alla perdita spontanea (aneuploidia) del cromosoma Y, non presente in quelle femminili.

Dalle cellule maschili a quelle femminili

Ma andiamo con ordine. Una volta prelevate, le cellule sono state fatte regredire nello sviluppo con un cocktail di geni, fino ad ottenere cellule staminali pluripotenti indotte. Queste cellule sono state quindi poste in un terreno di coltura dove hanno iniziato naturalmente a raccogliere errori, e un piccolo sottoinsieme di queste (circa il 6%) ha perso i propri cromosomi Y. Le cellule prive del cromosoma maschile sono state nuovamente sottoposte a coltura, questa volta in una condizione che stimolasse la duplicazione del cromosoma X, e trasformate così in cellule femminili con un doppi cromosoma X (XX). Infine, i ricercatori hanno indotto queste cellule femminili ancora immature, a differenziarsi in cellule staminali germinali e poi a svilupparsi in ovociti, poi fecondati con lo sperma e impiantati nell’utero. Dei 630 embrioni trasferiti in utero, soltanto 7 (l’1%) hanno continuato a svilupparsi fino alla nascita di piccoli sani e in grado di riprodursi in maniera naturale.

"Sarà necessario ancora molto lavoro prima di poter riuscire a trasformare le cellule maschili in femminili, garantendo la salvaguardia dell’integrità del genoma. Ma siamo sulla buona strada", hanno affermato i ricercatori.

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La scoperta potrebbe consentire ai maschi omosessuali di avere figli

In passato la ricerca era già riuscita a far nascere topi a partire da due padri biologici, ma è la prima volta che si riescono a ottenere cellule uovo a partire da cellule maschili. Un risultato importante che potrebbe rivoluzionare la biologia riproduttiva se la stessa tecnica si dimostrerà efficace e sicura anche negli esseri umani. Non solo potrebbe tracciare la strada a nuove opzioni per le donne con infertilità, in particolare quelle che soffrono della sindrome di Turner (malattia congenita caratterizzata dall'assenza di uno dei due cromosomi sessuali, con presenza di una sola copia del cromosoma X), ma Hayashi ha lasciato intendere che potrebbe anche offrire in futuro la possibilità alle coppie di maschi omosessuali di avere figli biologici.


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