Delirio di vita

Tumore, fondamentale il supporto psicologico: "Davanti alla possibilità di morire, la testa ha una reazione destabilizzante"

Il 70% dei pazienti oncologici vorrebbe un supporto psicologico gratuito ma spesso il servizio non è 'disponibile'. Lo rivela un sondaggio condotto su circa 4000 malati di cancro in 10 paesi da All.Can international cancer initiative (oncoline).

Nel mio libro “Diario di un delirio”, Lavinia, dopo aver scoperto di avere un tumore al seno, completamente devastata dalla notizia, lascia un marito assente e perde la testa per il suo radioterapista riversando in lui la salvezza dalla malattia. Questo perché, quando non c’è un sostegno psicologico adeguato, si rischia seriamente di impazzire. La testa, messa davanti alla possibilità di morire, ha una reazione destabilizzante e rimette in gioco e in discussione qualsiasi cosa della vita dal rapporto con i propri cari, al lavoro, alle amicizie. Per non parlare dell’ansia, della depressione, della perdita del sonno, dell’appetito, ecc ecc. 

Vero è che ognuno di noi, avendo il suo vissuto, reagisce secondo la propria condizione e necessità. Molti pazienti sono fortunati perché la famiglia, spontaneamente, si unisce e li sostiene ma, altri, no. Vivendo già da prima relazioni non sane, davanti alla diagnosi si trovano ancora più soli e, nonostante un’apparente vicinanza del compagno/compagna, il vuoto iniziale si moltiplica. La paura prende il sopravvento e reagiscono in modo violento sconvolgendo la vita di chi li circonda, i quali, essendo persone prive di altruismo, iniziano ad allontanarsi e a puntare il dito sostenendo che il tumore lo ha fatto/a impazzire. A questo punto, queste donne/uomini ormai soli e spaventati sono quelli che ricercano autonomamente un sostegno. Per salvarsi. Ma non da sé stessi, ma da chi li aveva circondati fino a quel momento. Inizia a comparire la famosa resilienza e con uno sforzo tremendo provano a rinascere. Ce la mettono tutta per ricostruire la propria vita cercando di non perdere la speranza. E, paradossalmente, nella solitudine trovano la loro dimensione. Ho provato spesso a mettermi nei panni di chi “subisce” la “pazzia” e sinceramente i loro panni mi stanno stretti. Sì, non posso negare che non sia facile o che sia una passeggiata di salute. Ma continuare a dare la colpa non risolve. Per questo a chi mi scrive dico sempre: amatevi da sole perché il più delle volte chi ci sta accanto non ne è capace. E correte a farvi aiutare se potete, capirete che non siete mai state sole perché accanto a voi ci siete voi stesse.


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