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"Vuoi lavorare? E allora togliti il velo": così Sara viene discriminata

La storia di una studentessa di 21 anni nata a Milano da genitori egiziani

MILANO - Indossa lo "hijab", il velo tradizionale islamico per motivi religiosi, e per questo viene respinta dalle aziende che per assumerla le chiedono di toglierlo. La storia di Sara Mahmoud, 21enne nata a Milano da genitori egiziani, viene raccontata da La Repubblica.

Sara ha fatto ricorso al tribunale di Lodi. La giovane sta cercando un lavoretto da affiancare agli studi e per questo manda il suo curriculum alle aziende. La risposta, però, è più o meno sempre la solita: "Saresti disposta a toglierti il velo?".

La 21enne si era iscritta alla mailing list di varie società per ricevere proposte di lavoro. Diverse volte era stata contattata dalle società interinali e poi respinta a causa del velo che porta per motivi religiosi e che le incornicia solo il volto. Non si tratta infatti del niqab, che copre interamente il viso lasciando scoperti solo gli occhi, ma del velo più diffuso tra le donne musulmane che copre solo i capelli, le orecchie e il collo e può essere di vari colori e tessuti.

"Mi piacerebbe farti lavorare perché sei molto carina, ma sei disponibile a toglierti il velo?". E' la mail di risposta di una società che organizza volantinaggi pubblicitari in fiera, a cui Sara si era proposta. Di fronte alla risposta cortese ma negativa della ragazza, arriva il rifiuto da parte dell'ufficio risorse umane con la seguente spiegazione: "Immaginavo, purtroppo i clienti non saranno mai così flessibili. Grazie comunque".

I messaggi di posta elettronica sono finiti in tribunale. Gli avvocati della 21enne depositeranno un ricorso per "accertare e dichiarare il carattere discriminatorio dei comportamenti" della società. (da MilanoToday)


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