Cronaca

Terrorismo, allarme dell'antimafia: "Nelle carceri italiane 500 minori a rischio Jihad"

Il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti: "Se non interveniamo subito tra cinque o dieci anni ci troveremo nella stessa situazione di Bruxelles o delle banlieue parigine"

L'Italia deve agire subito per prevenire la radicalizzazione dei giovani musulmani: "È la questione fondamentale. Cito un dato allarmante che mi è stato trasmesso pochi giorni fa: metà dei reclusi nei penitenziari minorili italiani sono musulmani. In cella ci sono circa cinquecento ragazzi, abituati a stare su Internet come tutti i loro coetanei. E per questo possono facilmente entrare in contatto con i siti che predicano la Jihad: sono a rischio altissimo di radicalizzazione". Lo dice in una lunga intervista alla Repubblica il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti.

"In Italia pensiamo di correre pericoli inferiori ai francesi e ai belgi. Probabilmente è vero: la comunità musulmana nel nostro paese è diversa, le seconde generazioni qui sono ancora adolescenti. Ma se non interveniamo subito - avverte Roberti - tra cinque-dieci anni ci troveremo nella stessa situazione di Bruxelles o delle banlieue parigine. Già oggi la minaccia crescente sono i giovani che dall'Italia vogliono andare a combattere in Siria, superiore al numero che conosciamo. Un fenomeno che stiamo cercando di fermare".

Secondo il procuratore "l'Is è un punto di svolta, perché incarna l'intreccio tra terrorismo e criminalità: è una realtà mafiosa che sfrutta il controllo del territorio per attività di imprenditoria criminale come il traffico di droga, il contrabbando di petrolio e di reperti archeologici, i sequestri di persona". Poi c'è il traffico di esseri umani: "Tra gennaio 2015 e aprile 2016 sono stati arrestati 530 scafisti e 45 trafficanti. Ci sono diversi casi di terroristi entrati in Europa sui barconi, ma il vero rischio è che una parte delle persone che arrivano da noi finiscano per radicalizzarsi nei prossimi anni. Anche su questo fronte bisogna rispondere garantendo diritti", conclude Roberti.


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