Cronaca

Violenza in carcere, detenuto registra frasi shock: "Le botte ti serviranno"

Rachid Assarag ha registrato le parole agghiaccianti di alcuni agenti penitenziari e ora l'associazione "A buon diritto" le ha rese pubbliche. In quelle frasi l'ordinaria violenza nelle nostre carceri

"Brigadiere, perché non hai fermato il tuo collega che mi stava picchiando?". "Fermarlo? Chi, a lui? No, io vengo e te ne do altre, ma siccome te le sta dando lui, non c'è bisogno che ti picchio anch'io". Perché con i detenuti "ci vogliono il bastone e la carota", e solo con pugni e calci si ottengono "ottimi risultati". Queste sono le dichiarazioni fatte da alcuni agenti penitenziari registrate da Rachid Assarag e che l'associazione "A buon diritto" ha deciso di rendere pubbliche. 

Assarag quelle frasi agghiaccianti le ha sentite mentre stava scontando una pena di 9 anni e 4 mesi di reclusione per violenza sessuale, durante i quali ha denunciato di essere stato ripetutamente picchiato e umiliato dagli agenti che lo avevano in custodia. La registrazione arriva all'indomani che la Corte europea per i diritti umani ha accettato il ricorso di due detenuti del carcere di Asti, che verranno rimborsati dallo Stato italiano per essere stati torturati. Il processo fatto nei nostri tribunali aveva assolto i responsabili per "mancanza di reato". Dopotutto come negarlo: per il codice penale del nostro Paese la tortura ancora non è un crimine, quindi come poter condannare qualcuno che la commetta?

VIDEO - LE FRASI SHOCK DEGLI AGENTI

La registrazione di Rachid Assarag è nitida: l'uomo chiede spiegazioni su quel comportamento tanto violento e la risposta del brigadiere è che "tanto il detenuto esce più delinquente di prima", non perché "piglia gli schiaffi, ma perché proprio il carcere non funziona". Quelle registrazioni pesano come macigni e portano alla mente casi tragici di "vittime della custodia": Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva, Stefano Cucchi, morti mentre erano nelle mani dello Stato

Assarag ha registrato le conversazioni in tutti i penitenziari nei quali è stato e da anni fa esposti senza che nulla accada. La prima volta nel carcere di Parma, Rachid racconta che quattro guardie hanno provato a seviziarlo con la stampella che utilizzava per camminare. Così il detenuto, assistito dall'avvocato Fabio Anselmo, ha iniziato a registrare tutto quello che accadeva nelle undici carceri che lo hanno ospitato. Quelle conversazioni mostrano come abusi e violenze siano all'ordine del giorno all'interno degli istituti penitenziari.

Assarag ora resta in sciopero della fame, il suo modo di protestare contro quelle violenze e per la poca attenzione che finora è stata data alle sue denuncie: ha perso già 18 chili e ultimamente è stato nuovamente denunciato per aver insultato le guardie dopo aver bloccato le ruote della carrozzina in cui veniva trasportato. "Il carcere per sua natura e per sua struttura produce aggressività e violenza, e come dice il poliziotto penitenziario si trova in uno stato di permanente illegalità. Riformarlo è ormai un'impresa disperata. Si devono trovare soluzioni alternative" spiega il presidente della commissione Diritti umani del Senato Luigi Manconi. 

"Se Assarag dovesse morire in carcere, nessuno potrebbe dire che non si è trattato di una morte annunciata" spiegano dall'associazione "A buon diritto". Dopotutto di carcere in Italia non si è mai smesso di morire e, dopo quelle parole su quei nastri, perché non pensare che quella morte possa anche essere violenta?


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