Cronaca

"Beppe Signori truffato dal compro-oro", ma il giudice assolve la dipendente

La vicenda risale al 2010, ora il giudice ha dichiarato il "non doversi procedere" nei confronti della dipedente per "difetto di querela". Assolto anche l'altro imputato nel processo

Nel 2010 l'ex calciatore Giuseppe Signori aveva denunciato di essere stato truffato da un "compro oro" a Roma nord. Secondo Signori, una delle dipendenti del centro si sarebbe appropriata di dodici orologi e di un anelllo che in realtà avrebbe dovuto soltanto stimare per conto del giocatore.

I beni di Signori sarebbero stati invece impegnati presso il Monte di Pietà da parte della stessa dipendente, accusata di appropriazione indebita e finita a processo insieme a un 34enne originario di Frosinone, che era stato trovato in possesso di alcuni degli orologi di Signori e accusato di ricettazione.

"Nel corso dei mesi - aveva spiegato Signori in aula - nonostante svariati tentativi, non sono più riuscito a rientrare in possesso degli orologi e dell'anello. Anzi la dipendente mi ha riferito che purtroppo, per un mero errore da parte della ditta, i miei averi erano stati impegnati al Monte di Pietà". Poco più di un mese dopo, però, gli stessi orologi sono stati trovati in possesso del trentaquattrenne di Frosinone.

Il 17 gennaio 2017 il giudice della prima sezione penale del tribunale di Roma ha dichiarato il "non doversi procedere" nei confronti della dipendente, Patrizia Trimarchi, accogliendo le richieste della difesa, perché "il reato è estinto per difetto di querela".

Il giudice ha citato una sentenza della Cassazione, secondo la quale "ai fini della validità della querela, la manifestazione della volontà di perseguire l'autore del reato, è univocamente desumible dall'espressa qualificazione dell'atto, formato dalla polizia giudiziaria, come 'verbale di denuncia querela', qualora l'atto rechi la dichiarazione, sottoscritta dalla persona offesa 'previa lettura e conferma' di sporgere 'la presente denuncia - querela". Dall'esame dell'atto introduttivo delle indagini emerge - si legge nella sentenza - come alcuna qualificazioni in tali termini sia stata data allo stesso da parte delle Forze dell'ordine che l'hanno ricevuto e redatto come mera denuncia, peraltro non contentente alcuna istanza di punizione del colpevole", quindi "ne deriva che l'azione penale si presenza improcedibile per difetto della querela". 

Assolto invece l'altro imputato, Fabio Marciano, perché - come si legge nella sentenza - "si osserva che la detenzione degli orologi per cui è processo da parte dello stesso non lascia perciò solo emergere l'intento fraudolento della ricezione da lui dolosamente realizzata". Secondo il giudice, Marciano avrebbe operato in buona fede.


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