Economia

Cosa c'entra l'inquinamento con i rincari delle bollette

Una delle principali cause dei rincari annunciati dall'Arera per elettricità e gas è dovuta alla crescita dei permessi di emissione di CO2, un sistema di scambi tra chi inquina meno e chi di più che ha fatto lievitare il prezzo all'ingrosso e di conseguenza anche quello finale. Marco Vignola, responsabile del settore energia dell’Unc: ''È diventato come un mercato finanziario a rischio speculazione. Non è giusto che le politiche industriali ricadano sui consumatori''

Foto di repertorio Ansa

Nei prossimi tre mesi le bollette di luce e gas saranno più care. Una ''bella'' notizia per le famiglie italiane, già messe in ginocchio dalle conseguenze della pandemia. Una mazzata tra "capo e collo" comunicata dall'Arera, l'Autorità di regolazione per Energia, Reti e Ambiente, ad inizio mese e quantificabile in due inequivocabili numeri: +9,9% per la bolletta elettrica e addirittura +15,3% per quella del gas. Una delle impennate più elevate degli ultimi anni a cui il Governo ha provata a mettere una ''pezza'' da 1,2 miliardi di euro con il Decreto lavoro e imprese, con la cifra ricavata dalle aste del mercato europeo dei permessi di emissione di CO2.

Inquinamento e rincari in bolletta 

Ma la misura, che puntava a ridurre gli oneri generali di sistema per il prossimo trimestre, è riuscita soltanto a mitigare un incremento ben più sostanzioso. Un incremento che potrebbe non essere il classico fenomeno passeggero dovuto ad un periodico aumento dei consumi, ma che potrebbe tramutarsi in qualcosa di più ''strutturale'' a causa di un nuovo elemento che ritroviamo tra nella lista delle cause dei rincari: il fattore ambientale.

Ma cosa c'entrano inquinamento e cambiamenti climatici con l'aumento delle bollette? Nei giorni scorsi avevamo approfondito le conseguenze sulle tariffe della ''lite'' tra gli esportatori di petrolio ma, come specificato anche dall'Arera, tra le cause dell'impennata c'è anche la crescita dei prezzi dei permessi di emissione di CO2, chiamati con un acronimo Ets (Emission Trading Scheme). 

Cos'è il sistema Ets

Ma di cosa si tratta? Il sistema di scambio di quote di emissioni dell'Unione europea è stato lanciato nel 2005 per combattere il riscaldamento globale ed è tutt'ora uno dei pilastri della politica energetica europea. Il mercato europeo delle quote di gas inquinanti, il primo e il più grande al mondo, è infatti uno strumento messo in campo per contrastare i cambiamenti climatici e ridurre le emissioni di gas serra. Una delle sue principali caratteristiche è il metodo ''cap-and-trade'', che consiste nella determinazione di un tetto massimo di emissioni nocive consentite in capo a determinati settori produttivi e consente ai soggetti onerati di commerciare le quote assegnate. Il sistema si basa su due principi: il limite massimo e lo scambio di emissioni. Detto in parole povere, si tratta di autorizzazioni a inquinare per le aziende europee, che acquistano, ricevono e scambiano queste quote di emissione. Se un'azienda inquina di più di quanto previsto si trova costretta a comprare altri permessi, aggiungendo quindi un nuovo costo, mentre chi riuscirà a ridurre le emissioni può invece venderli. Tutto questo procedimento obbligatorio è a tutti gli effetti un elemento che ''compone'' il prezzo all'ingrosso dei prodotti energetici, con l'aumento che poi ritroviamo anche nel prezzo finale. 

Ma se la domanda è in aumento in parallelo con la ripresa economica, l'offerta potrebbe ridursi ben presto. L'Unione Europea ha infatti intenzione di tagliare in maniera graduale il numero dei permessi, così da costringere le aziende a ridurre le emissioni. Nel frattempo però, la crescita dei prezzi degli Ets va ad influire sul valore di gas e petrolio, con la stangata più pesante che, come al solito, ricade sui consumatori. Il Governo italiano è riuscito a stanziare 1,2 miliardi di euro proprio grazie alla vendita degli Ets, altrimenti l'aumento della bolletta elettrica sarebbe stato molto più elevato.

Un mercato a rischio speculazione

Un sistema di non semplice comprensione e che parte dalla necessità di inquinare meno, come spiegato a Today da Marco Vignola, responsabile del settore energia dell’Unione Nazionale Consumatori: ''La questione è molto complessa, perché abbiamo dei giusti obblighi di riduzione delle emissioni, un problema che l'Europa ha risolto con questo sistema di scambi, in cui chi inquina di meno acquisisce dei crediti, che può cedere ai Paesi che non riescono a ridurre le emissioni. Ma in questo modo un mercato fisico è stato trasformato in un mercato finanziario, suscettibile alla speculazione. I problemi ambientali ancora irrisolti e i vincoli che diventano più stringenti hanno portato ad un picco di crediti di Co2, che di fatto si scaricano automaticamente sulle bollette''.

Ma questa non è l'unica causa che ha influito sui rincari previsti nel prossimo trimestre, come sottolineato da Vignola: ''Un altro fattore è legato all'aumento dei costi dei prodotti fossili, come petrolio, gas e carbone. Che c'entra il gas con l'elettricità? Non tutti lo sanno, ma nonostante la crescita di produzione energetica avvenuta negli ultimi anni e la diffusione di impianti per fonti rinnovabili, dal fotovoltaico all'eolico, il resto della produzione in Italia viene coperta proprio con il gas che, nonostante sia una delle fonti meno inquinanti, rimane una delle più care perché di importazione. Questo fattore e il picco dei crediti per le emissioni, sono le principali cause dei rincari annunciati nei giorni scorsi. Basta pensare che lo scorso anno il prezzo unico nazionale per l'energia elettrica, ossia il prezzo all'ingrosso, era di 2,5 centesimi per kWh, mentre oggi è di 7 centesimi. Se il Governo non avesse stanziato 1,2 miliardi l'aumento della bolletta elettrica sarebbe stato del 20%, ma questi sono soldi che rischiamo di dover restituire nei prossimi mesi''.

La Carbon tax e le altre possibili soluzioni

Mettere ''le mani'' su un meccanismo funziona da anni non è certo semplice, ma in questo caso lo scambio dai crediti tra aziende e privati va ad incidere sui prezzi che poi pagano i consumatori, motivo per cui sarebbe necessaria qualche modifica, come propone Vignola: ''Un'idea che riteniamo valida è quella della Carbon tax: non essendo un mercato non rischia speculazioni, colpirebbe in maniera puntuale chi inquina e sarebbe anche neutrale da un punto di vista tecnologico, colpendo le emissioni inquinanti. Inoltre, essendo una tassa non andrebbe a finire in bolletta. 

''Contro la speculazione sui cambi di crediti – aggiunge Vignola – l'Europa può fare davvero poco, perché funziona come ogni mercato finanziario. Prendiamo per esempio il mercato monetario: in caso di attacco speculativo, i governi introducono nuova liquidità per abbassare il prezzo, ma in questo caso, per far scendere il costo dei crediti l'Ue dovrebbe introdurne altri, una politica del genere andrebbe contro i piani europei che invece prevedono di diminuire il numero di permessi. Ma con la domanda in aumento, se diminuissero i permessi diminuirebbe anche l'offerta, e di conseguenza ci sarebbero nuovi rincari per gli utenti''.

La lite sul prezzo del petrolio che pagheremo di tasca nostra

Un meccanismo che va senza dubbio ridefinito perché non è neanche giusto far pagare ai consumatori le pur giuste misure di contenimento delle emissioni nocive dei gas serra, un concetto sottolineato anche dal responsabile del settore energia dell’Unc: ''Le politiche industriali ricadono sui consumatori, soprattutto su quelli più deboli: le bollette hanno un carattere regressivo e i poveri pagano solitamente di più per avere energia. Una famiglia ricca paga quanto una povera che, anzi, spesso spende anche di più perché non può permettersi elettrodomestici a risparmio energetico. Per questo riteniamo giusto che gli oneri e i costi aggiuntivi vengano finanziati dalla fiscalità generale''.

Un tema che non scopriamo certo oggi, visto che nell'ottobre del 2020 era stata la stessa Arera a chiedere in Commissione Industria al Senato un intervento legislativo volto a trasferire alla fiscalità generale gli oneri generali presenti in bollette, indicando inoltre tutte quelle altre componenti giudicate ''non direttamente connesse con obiettivi di sviluppo ambientalmente sostenibile e quelli finalizzati al contrasto della povertà energetica''. Si tratta di voci come i costi relativi allo smantellamento delle centrali nucleari dismesse o come  gli oneri a copertura del regime tariffario speciale riconosciuto alla società Rfi per i consumi di elettricità relativi ai servizi ferroviari su rete tradizionale.

Una richiesta rimasta inascoltata, come confermato da Vignola: ''L'Autorità aveva già fatto pressione sul legislatore, presentando un rapporto che elencava tutti gli oneri che nulla hanno a che vedere con le bollette. Ma questo invito sembra non sia stato recepito. Quello che si può fare è regolamentare la raccolta, ma chi decide se questa va o no in bolletta è il legislatore''.

Cosa succede il 14 luglio

Un quadro più chiaro di quale sarà la strategia europea lo avremo la prossima settimana: il 14 luglio la Commissione Ue presenterà il pacchetto legislativo chiamato ''Fit for 55'' che prevede diverse direttive e regolamenti riguardanti i settori economici che devono contribuire a raggiungere il nuovo obiettivo di ridurre del 55% le emissioni climalteranti entro il 2030. Saranno poi i commissari ad avere l'ultima parola, ma una delle proposte sul tavolo riguarda proprio una riforma dell'Ets, con la possibile inclusione di nuovi settori, come ad esempio quello marittimo. Le altre misure riguarderanno la promozione delle fonti rinnovabili e una direttiva sull’efficienza energetica, che dovrà aumentare del 36-37% nel 2030, mentre il pacchetto prevede due iniziative chiamate ''Refuel EU'' che introdurranno l'obbligo di riduzione del Co2 nelle miscele e nei carburanti per il trasporto aereo e marittimo. Un altro argomento ''chiave'' sarà proprio la ''Carbon tax alle frontiere'', un sistema che obbligherà i Paesi privi di un sistema simile all'Ets che importano alcuni prodotti, come ferro, alluminio ed energia, di pagare dei dazi. 

L'introduzione di politiche punitive per chi importa prodotto inquinanti verso l'Europa rischia di far lievitare ancora di più i prezzi nei prossimi mesi. Spesso quando si sente parlare di cambiamenti climatici ed inquinamento, l'errore più grave è pensare che siano temi che non ci toccano, problematiche che vediamo lontane nel futuro e che crediamo (erroneamente) di poter evitare. Invece non solo ci toccano, ma arrivano fin dentro le nostre tasche: come ogni rivoluzione, anche quella energetica avrà un prezzo, bisogna soltanto vedere chi dovrà pagare. 


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