Economia

Perché la cassa integrazione in deroga oggi è un errore (secondo Tito Boeri)

L’ex presidente Inps: "La cassa integrazione in deroga richiede un passaggio anche dalle Regioni e mette le imprese in difficoltà"

Tito Boeri in una foto Ansa

La cassa integrazione in deroga non è stata la risposta giusta alla difficoltà delle imprese nel bel mezzo dell'emergenza coronavirus. Ne è convinto Tito Boeri. Sulla cassa integrazione per l'emergenza coronavirus "è davvero grave il fatto che si sia deciso di procedere con tre strumenti diversi, tra cui la cassa in deroga, che richiede un passaggio anche dalle regioni e che sta mettendo moltissime piccole imprese in grandissima difficoltà, perché ancora i volumi di cassa integrazione erogati sono minimi" dice ai microfoni del Gr1, l'ex presidente dell'Inps.

"Le piccole imprese non hanno la liquidità per anticipare queste somme ai dipendenti. Bisognava procedere con un solo strumento, si è ancora in tempo per correggere la rotta", prosegue Boeri, secondo cui serve "la cassa ordinaria con procedure accelerate". Poi secondo l'economista ridurre l'orario di lavoro a parità di salario comporta "un aumento dei costi per le imprese elevatissimo. Il vero problema è quello di evitare la chiusura di molte imprese, che avranno un fortissimo calo dei profitti, della redditività", conclude

La Cassa Integrazione Guadagni in Deroga (CIGD) è un intervento di integrazione salariale a sostegno di imprese che non possono ricorrere agli strumenti ordinari perché esclusi all'origine da questa tutela o perché hanno già esaurito il periodo di fruizione delle tutele ordinarie. La CIGD può essere concessa o prorogata ai lavoratori subordinati con la qualifica di operai, impiegati e quadri, compresi gli apprendisti e i lavoratori somministrati, con un'anzianità lavorativa presso l'impresa di almeno 12 mesi alla data di inizio del periodo di intervento. La CIGD viene concessa dalla regione o provincia autonoma con determina, se la richiesta d'intervento proviene da unità produttive site in un'unica regione o provincia autonoma oppure viene concessa dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze, con apposito decreto interministeriale, se la richiesta proviene da aziende cosiddette “plurilocalizzate” aventi cioè unità produttive dislocate sull'intero territorio nazionale.

Molti lavoratori e aziende risultano ancora in attesa del riconoscimento della cassa integrazione, che non è ancora arrivata. Le domande sono bloccate e  l’Inps ha voluto mettere in chiaro che eventuali ritardi sarebbero da attribuire alle regioni che non hanno trasmesso le richieste o che non lo hanno fatto nei tempi previsti.

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