Economia

Aumento pensioni, il governo ci ripensa: chi viene penalizzato con le nuove modifiche

Con l'emendamento della maggioranza vengono cambiate di nuovo le percentuali di rivalutazione. Salgono a 600 euro le pensioni minime per gli over 75

Giorgia Meloni, foto di repertorio Ansa

Con gli emendamenti della maggioranza alla manovra le pensioni minime per chi ha più di 75 anni saranno portate a 600 euro (a partire dal 2023 e per un solo anno) e si va verso una nuova modifica della rivalutazione dei trattamenti previdenziali. Che cosa cambia rispetto al testo della legge di bilancio che il governo ha inviato alle Camere? Proviamo a capirlo.

Iniziamo col dire che la perequazione o rivalutazione ha l'obiettivo di proteggere il potere d'acquisto delle pensioni rispetto all'aumento del tasso di inflazione che quest'anno com'è noto è stato piuttosto marcato, tant'è che il decreto firmato dal ministro dell'economia Giorgetti prevede un adeguamento pari al 7,3% dei trattamenti previdenziali. Prima della legge di bilancio, la rivalutazione veniva applicata secondo tre scaglioni: 

  • indicizzazione piena al 100% per le pensioni fino a 4 volte il minimo (ovvero 2.100 euro);
  • al 90% sulla quota di pensione tra quattro e cinque volte il minimo;
  • del 75% sulle pensioni oltre cinque volte la quota minima;

Cosa vuol dire tutto ciò? Semplice: che ai trattamenti con un'indicizzazione al 100% (ovvero fino a 4 volte il minimo) si sarebbe dovuta applicare in maniera piena la percentuale di indicizzazione (pari al 7,3%) calcolata sulla base dei prezzi al consumo forniti dall'Istat. Per le altre fasce, invece, la rivalutazione sarebbe stata più bassa e pari al 90 e 75% dell'aumento percentuale del 7,3%, e dunque del 6.57% (per le pensioni tra 4 o 5 volte il minimo) e del 5,5% per i trattamenti più alti. 

La rivalutazione nella "prima versione" della manovra

Ma attenzione perché nel frattempo è cambiato tutto. Nel testo della manovra il governo ha infatti previsto un nuovo sistema di indicizzazione. E vale a dire: 

  • 120% per le pensioni minime;
  • 100% fino a 4 volte il minimo (ovvero 2.100 euro);
  • 80% tra 4 e 5 volte il minimo;
  • 55% tra 5 e 6 volte il minimo;
  • 50% tra 6 e 8 volte il minimo; 
  • 40% tra 8 e 10 volte il minimo;
  • 35% oltre 10 volte il minimo;

Le ultime modifiche: quale sarà l'aumento effettivo nel 2023

Neanche queste percentuali tuttavia sono quelle definitive perché la maggioranza ha cambiato di nuovo idea. Con l'emendamento presentato in Parlamento i trattamenti tra 4 e 5 volte il minimo avranno per il periodo 2023-2024 un adeguamento automatico pari all'85% anzichè all'80% come era previsto nel ddl bilancio, mentre le pensioni più alte subiranno una ulteriore penalizzazione. Lo schema dunque diventa il seguente:

  • rivalutazione del 120% per i trattamenti minimi, con la soglia minima fissata a 600 euro per gli over 75;
  • rivalutazione al 100% per le pensioni fino a quattro volte il minimo, ovvero 2.101,52 euro;
  • 85% tra 4 e 5 volte il minimo;
  • 53% tra 5 e 6 volte il minimo;
  • 47% tra 6 e 8 volte il minimo; 
  • 37% tra 8 e 10 volte il minimo;
  • 32% oltre 10 volte il minimo;

Con queste percentuali è facile capire chi ci guadagna e chi ci perde. La manovra favorisce soprattutto i pensionati a basso reddito; nulla cambia invece per chi è nella fascia dei trattamenti fino a 4 volte il minimo: in questo caso, la rivalutazione sarà del 7,3%, com'era già previsto prima della finanziaria. Molto diverso il discorso per chi ha trattamenti più alti. 

Chi ci guadagna e di quanto aumenteranno le pensioni

Per le pensioni comprese tra 4 o 5 volte il minimo, l'emendamento è una buona notizia perché la percentuale di rivalutazione passa dall'80 all'85% (ma va sottolineato che secondo gli scaglioni in vigore fino a oggi questi pensionati avrebbero avuto diritto al 90%). In sostanza per questi trattamenti l'aumento effettivo lordo sarà del 6,2%. Va invece piuttosto male alle pensioni che superano di 5 volte la quota minima. Secondo gli scaglioni oggi in vigore questi trattamenti dovrebbero subire una rivalutazione del 75%, ovvero un aumento effettivo di circa il 5,5%. Ma con le modifiche pensate dalla maggioranza gli incrementi saranno molto più modesti. Vediamo dunque l'aumento in percentuale sulle pensioni per tutte le fasce:

  • 8,8% per le pensioni minime;
  • 7,3% fino a 4 volte il minimo (ovvero 2.100 euro);
  • 6,2% tra 4 e 5 volte il minimo;
  • 3,86% tra 5 e 6 volte il minimo;
  • 3,4% tra 6 e 8 volte il minimo; 
  • 2,7% tra 8 e 10 volte il minimo;
  • 2,3% oltre 10 volte il minimo;

A partire da queste percentuali dunque è possibile calcolare piuttosto agevolmente l'aumento del proprio trattamento previdenziale. Va da sé che le modifiche introdotte dalla maggioranza penalizzano soprattutto gli assegni elevati che in percentuale avranno una rivalutazione piuttosto bassa (se rapportata all'inflazione). C'è da dire che in termini assoluti gli importi non saranno poi così modesti perché la percentuale va comunque applicata su un numero più grande. Cosa intendiamo dire? Semplice: che su una pensione di 1.500 euro lordi, il 7,3% corrisponde ad un aumento di circa 110 euro lordi; su un trattamento di 5.400 euro lordi, il 2,3% è pari comunque a 124 euro. Una pensione di 3.100 euro lordi (ovvero nella fascia tra 5 e 6 volte il minimo) dovrebbe ricevere un aumento di circa 115 euro. Vero è che i pensionati con un reddito di oltre 5 volte la quota minima, e nello specifico coloro che hanno trattamenti molto alti, hanno "perso" parecchi soldi: se lo schema fosse rimasto quello attualmente in vigore (ovvero i tra scaglioni di cui abbiamo parlato sopra) per loro gli aumenti sarebbero stati molto più marcati.  

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