Economia

Pensioni, legge Fornero, euro e tasse: cosa accadrà col governo Cottarelli

Evitare l'aumento dell'Iva è la sfida principale per il prossimo esecutivo. Ma ci sono altri fronti caldi. Ecco quale sarà l'orientamento del "governo neutrale"

Carlo Cottarelli, economista e commissario alla spending review nominato nel 2013 da Enrico Letta, è stato incaricato dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, di formare il nuovo governo. "Andrò in Parlamento per presentare una legge di bilancio e in caso di fiducia mi dimetterò ad inizio 2019, in alternativa mi dimetterò subito per andare a elezioni dopo agosto", ha detto accettando l'incarico. Oggi è attesa la lista dei ministri. Nasce così il governo neutrale dell'ex commissario alla spending review che è già consapevole che ottenere la fiducia alle Camere sarebbe un miracolo. I numeri non ci sono. In assenza di fiducia, il governo si dimetterebbe immediatamente e il suo principale compito sarebbe la gestione dell'ordinaria amministrazione, per accompagnare il Paese ad elezioni dopo il mese di agosto.

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Una figura "neutra" quella di Cottarelli, che nelle intenzioni del Colle dovrebbe immediatamente rassicurare sia i mercati finanziari, in tensione da alcuni giorni, sia l'Europa, preoccupata da una possibile deriva populista e anti-euro italiana. In attesa che il premier incaricato si metta al lavoro e presenti un programma di governo da sottoporre al voto di fiducia, è in ogni caso possibile intuire quale sarà l'orientamento del "governo neutrale" attraverso le dichiarazioni dell'ex commissario Cottarelli.

Pensioni, conti pubblici e debito: la legge Fornero non si tocca

"Dopo questa elezione - spiegava Cottarelli all'indomani del voto, commentandone l'esito ai microfoni di InBlu Radio - sono preoccupato per i conti pubblici. La promessa di eliminare la legge Fornero, ad esempio, li farà aumentare. I risultati delle elezioni mi fanno pensare che quelli che hanno preso più voti si preoccupano poco dei conti pubblici". "Le riforme delle pensioni in Italia degli ultimi anni sono state inevitabili per contrastare il fenomeno dell'aging" (l'invecchiamento della popolazione, ndr), spiegava il 3 maggio scorso Cottarelli nel corso della presentazione di 'Expo-Meeting Innov-Aging'. "Le previsioni ufficiali indicano che, per effetto delle passate riforme, la spesa pensionistica resterà più o meno stabile sui livelli attuali fino al 2045, scendendo solo in seguito". "Ma, pur non crescendo, la spesa resterà alta e non contribuirà al necessario aggiustamento dei conti pubblici, che graverà quindi su altre voci", osservava, evidenziando come "un contesto complesso che richiede un confronto proattivo tra i principali attori coninvolti, a livello economico e sociale, nel fenomeno dell’aging".

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"Vedremo cosa succederà con i mercati finanziari e lo spread. Mi aspetto un po' di movimento ma il problema non è ciò che succederà nei prossimi giorni ma nel giro di due anni quando i tassi d'interesse cominceranno a aumentare in tutta Europa. E l'Italia potrebbe entrare di nuovo in recessione perché ci troveremo con un debito pubblico in aumento a causa della diminuzione del Pil. In questo modo - spiegava - ripartirebbero gli attacchi speculativi". E alla domanda se in un eventuale esecutivo gialloverde avrebbe accettato la nomina di ministro, Cottarelli rispondeva così: "Non credo proprio. I partiti e movimenti che hanno ricevuto più voti dicono che per risolvere il problema del debito pubblico bisogna spendere di più perché questo fa riprendere l'economia. Non mi vedrei bene in un governo che vuole aumentare il deficit pubblico per ridurre il debito pubblico".

"Non vorrei - ribadiva il 10 marzo nel corso di un incontro a Padova - che si ripetesse quanto accaduto nel 2011-12, quando molti pensavano che la bancarotta fosse l'unica soluzione". "I rischi non sono immediati - spiegava - perché sui mercati c'è buonumore, ma fra un anno e mezzo Draghi lascerà la presidenza della Bce e qualcuno potrebbe guidarla in modo diverso". Per Cottarelli, quindi, bisogna partire dalla riduzione del debito pubblico: "Se non lo facciamo non saremo mai indipendenti, e questo mi dà molto fastidio perché così diamo la possibilità agli speculatori di attaccarci. Non bisogna arrivare alla macelleria sociale, basta liberarci del debito in modo graduale".

Tasse e crescita: reddito di cittadinanza e flat tax

E le tasse? "Tagliarle in deficit nel caso migliore equivale a prendere una droga con una botta di crescita momentanea di breve termine e un successivo ritorno della crescita al livello precedente o anche uno più basso". L'ex commissario bollava così il 9 marzo scorso la proposta di ridurre le aliquote fiscali con la flat tax del leader della Lega Matteo Salvini. "Non solo - aggiungeva - ma il taglio delle tasse non fa ridurre il debito e anzi crea il deficit. Purtroppo non funziona così altrimenti sarebbe molto facile". Secondo Cottarelli, i partiti e i movimenti avrebbero dovuto mettere tra le loro priorità "la messa in sicurezza dei conti pubblici che sono estremamente importanti per futuro dell’Italia. Siamo riusciti a stabilizzare il rapporto tra debito pubblico/Pil e adesso dobbiamo ridurlo".

Sì alla crescita, spiegava, ma è "sull'avanzo primario, la differenza tra le entrate e le spese dello Stato al netto degli interessi, che bisogna lavorare portandolo dall'attuale 2% del Pil al 4%". La crescita globale, un euro debole e prezzo del petrolio basso sono "un'opportunità per aumentare l'avanzo primario. I paesi avanzati che hanno ridotto il debito negli ultimi decenni di 20-30 punti percentuali l’hanno fatto perché avevano degli avanzi primari molto consistenti, nell'ordine del 4-5%".

Così come la flat tax, anche il reddito di cittadinanza proposto dal Movimento 5 stelle non superava l'esame di Cottarelli. "Per la misura che costa tra i 15-17 miliardi - spiegava sempre il 9 marzo scorso -, i 5 stelle hanno fornito delle coperture. L'osservatorio Cpi ha considerato solo il recupero di 2,5 miliardi derivanti dagli acquisti di beni e sevizi, ritenuto fattibile, però non ha tenuto in conto altre cose perché non erano specificate". Da Cottarelli una bocciatura anche alle misure adottate dal precedente governo: "In quattro anni - diceva - sono state prese delle misure che non erano valide: il bonus per i 18enni è sbagliato cosi come i vari bonus introdotti in questi ultimi anni, compresi il bonus mamma e come bebè che non aiutano ad affrontare il problema del crollo demografico molto serio".

Iva e nomine: il piano di Cottarelli

Evitare l'aumento dell'Iva è la sfida principale per il prossimo governo. Sul 2019 pende infatti la spada delle clausole di salvaguardia, la cui sterilizzazione non è ancora stata scongiurata. Ma l'Iva non è l'unico fronte caldo sul quale potrebbe confrontarsi il premier incaricato. Tra i dossier che il governo guidato da Carlo Cottarelli potrebbe trovarsi sul tavolo spiccano quello delle nomine (tra cui quelle di due aziende di peso come Cassa Depositi e Prestiti e Rai), la presentazione della legge di Bilancio e le vicende in sospeso di Alitalia e Ilva. Agenda alla mano, il primo dossier che il nuovo governo dovrà affrontare riguarda l'Iva. Se dovessero scattare le clausole di salvaguardia, oltre al conseguente aggravio per i bilanci delle famiglie e un calo dei consumi, si verificherebbe un effetto depressivo sulla produzione e un peggioramento dei livelli occupazionali. Per evitare l'aumento dell'Iva il prossimo governo dovrà trovare 12,5 miliardi di euro per il 2019 e 19,1 miliardi di euro per il 2020. Il nuovo esecutivo dovrà riuscire ad arrivare almeno a dicembre per approvare una manovra in grado di limitare o impedire l'aumento dell'Iva o comunque di accompagnarlo con misure che ne bilancino le implicazioni negative.

Nel caso in cui non ci fosse un governo in autunno in grado di approvare la manovra, scatterebbe l'esercizio provvisorio. A quel punto le clausole di salvaguardia sarebbero inevitabili. In un tale scenario, a partire dal primo gennaio 2019 l'aliquota ordinaria passerebbe dal 22 al 24,2%, mentre quella ridotta salirebbe dal 10 all'11,5%. Negli anni successivi la situazione potrebbe peggiorare, fino a portare l'Iva ordinaria al 25% nel 2021 e quella agevolata al 13% nel 2020.

L'euro e l'Europa nella visione di Cottarelli

Passando dall'Italia all'Europa, per Cottarelli a Bruxelles "siamo percepiti come un paese con squilibri macro economici considerati ancora rilevanti. È chiaro - spiegava - che non si può alzare la voce quando si parte da una posizione di debolezza di questo genere ed è quindi nell’interesse dell’Italia mettere a posto i conti pubblici e sistemare gli altri problemi, fare le riforme che servono per andare in Europa con una voce più autorevole". "Condivido in parte le analisi di Borghi e Bagnai, ma le mie conclusioni sono diverse e penso che dobbiamo rimanere nell'euro", spiegava Cottarelli il 10 marzo nel corso di un incontro sul debito pubblico alla luce dei risultati elettorali. "Il problema è che ci siamo adattati male a vivere con l'euro, ci sono stati comportamenti incompatibili con l'ingresso nella moneta unica e abbiamo continuato a fare quel che facevamo prima, quando ogni tanto si svalutava per recuperare competitività". Per Cottarelli, con l'uscita dall'euro "i salari reali sarebbero tagliati e quindi ci sarebbe meno potere d'acquisto. Così chi si fosse indebitato in euro e venisse pagato in lira troverebbe un debito molto più pesante".

Evasione e burocrazia

"Il prossimo governo - spiegava come ospite da Maria Latella il 21 aprile scorso - non dovrebbe occuparsi dell'abolizione dell'art. 18 ma piuttosto di lotta all'evasione fiscale e alla burocrazia". "Non sono mai stato un fan dell'abolizione dell'Art 18 - sottolineava - credo sia stata più che altro una battaglia di bandiera. Ci sono altre riforme molto più importanti in Italia: la lotta all'evasione fiscale e alla burocrazia è fondamentale. E i cosiddetti vincitori delle elezioni dovrebbero vedere favorevolmente, è una riforma a costo zero".

L'ipotesi Cottarelli premier? "Non mi ha chiamato nessuno", rispondeva a Maria Latella il 21 aprile scorso. "Non credo, mi sembrerebbe strano...Ci sono state le elezioni politiche, credo che il presidente del Consiglio debba essere un politico. In questo momento ci vuole la politica, non un tecnico. E se la politica non si mette d'accordo di dovrebbe tornare alle elezioni", sottolineava. Certo, precisava, "se si tratta di fare un governo di tre mesi, un governo balneare, si può anche fare, ma sarebbe un governo che non farebbe niente". Se chiamasse il presidente della Repubblica, affermava, ''direi di sì". Promessa mantenuta.
 


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