Economia

Quale lavoro faranno i profughi ucraini in Italia

C'è lavoro per i profughi ucraini in Italia? Quali lavori faranno? Probabilmente quelli che gli italiani non vogliono fare, ma prima bisogna puntare sull'apprendimento della lingua e sulla certificazione delle competenze

Foto di repertorio

Arrivati sani e salvi in Italia, bisogna fare in modo che i profughi ucraini possano vivere una vita dignitosa nel nostro Paese. Il percorso di accoglienza di chi scappa dalla guerra, infatti, non si esaurisce in un posto letto e in un pasto caldo ma si declina in vari bisogni, prima di tutto il lavoro per raggiungere l’indipendenza economica. Grazie alla protezione Ue dei profughi ucraini, le persone in età da lavoro che fuggono dalla guerra in Ucraina possono sin da subito trovare un lavoro nel nostro Paese, sia in forma autonoma che subordinata. C’è lavoro per i profughi ucraini in Italia? Quali lavori andranno a fare i rifugiati scappati dalla guerra?

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L’accoglienza a lungo termine

Gestita la fase iniziale dell'emergenza (le associazioni hanno aiutato i profughi a gestire le procedure burocratiche e sanitarie e a trovare un tetto per dormire) si passa ora ad una seconda fase: quella dell’accoglienza a lungo termine. I profughi ucraini in Italia, 89.920 secondo le ultime stime del Viminale, non sanno ancora quanto tempo dovranno restare nel nostro Paese, la maggior parte spera di poter tornare presto in Ucraina, ma la durata del conflitto non dipende da loro. Di fronte a questa incertezza, che mina le basi della loro esistenza, bisogna compiere un altro passo importante, quello che va verso una rapida integrazione dei profughi ucraini nel mondo del lavoro. Per rendere sostenibile l’accoglienza dei profughi ucraini, infatti, dobbiamo passare ad uno step successivo: rendere queste persone il più autosufficienti possibili. L’obiettivo da raggiungere è l’indipendenza economica dei profughi, agevolare il loro percorso di inserimento nel mondo del lavoro sulla base delle proprie competenze. Molte le iniziative in tal senso,  grazie ad accordi con agenzie interinali ma anche al lavoro svolto sul territorio dalle singole associazioni del Terzo settore. Quali lavori potranno fare i profughi ucraini?

Come ottenere i rimborsi per i profughi ucraini (e per chi li ospita)

Il lavoro per i profughi ucraini: dipendente, stagionale o autonomo

L’accoglienza dei profughi ucraini ha forzato i limiti imposti ogni anno all’accesso al lavoro in Italia dei cittadini extracomunitari, spalancando le porte del lavoro a tutte le persone in fuga dall’Ucraina. Secondo l’ordinanza 872/2022 della Protezione civile, gli ucraini potranno iniziare a lavorare in Italia sin da subito, basta essere in possesso della richiesta del permesso di soggiorno presentata in Questura e legata alla protezione temporanea Ue. Si tratta dunque della sola richiesta di permesso di soggiorno e non del permesso, di un documento che attesti l’avvenuta presentazione della domanda. Deve contenere i dati anagrafici del soggetto richiedente protezione temporanea Ue ed un codice numerico grazie al quale si può aprire a posizione contributiva presso l’Inps. In tal modo i profughi ucraini acquisiscono seduta stante e per un anno il diritto al lavoro, in forma subordinata, stagionale ed autonoma. Per essere precisi la protezione temporanea Ue dà diritto ad un anno di lavoro, rinnovabile per altri due periodi di sei mesi ciascuno.

Priorità: apprendimento della lingua e certificazione competenze

Molte associazioni si stanno muovendo per far incontrare la domanda e offerta di lavoro per i profughi ucraini, ma prima di tutto bisogna puntare sull’apprendimento della lingua e sulla certificazione delle competenze. Proprio quello che sta facendo Assindatcolf: l’associazione di datori di lavoro domestico sta ragionando sulla possibilità di usare i fondi dell’ente bilaterale Ebincolf per organizzare corsi, sia legati all’assistenza familiare, sia di italiano. Vale la pena ricordare che in Italia lavorano 92.160 colf, badanti e baby sitter ucraine in regola, mentre altre 50mila potrebbero essere quelle che lavorano in nero. “Non possiamo immaginare che tutte le donne arrivate dall'Ucraina si dedichino all'assistenza dei nostri anziani, né che vogliano farlo”, ha dichiarato però Maurizio Ambrosini, sociologo esperto di migrazioni. Cosa altro potrebbero fare?

Fabbriche, negozi, alberghi, imprenditori agricoli, imprese di servizi, in tanti sono pronti a dare lavoro ai profughi ucraini. Semplificando possiamo dire che i settori in cui i rifugiati potrebbero trovare lavoro in Italia sono prevalentemente:

  • l’assistenza familiare;
  • la sanità,
  • il turismo e i servizi;
  • l’agricoltura;
  • l’imprenditoria.  

Medici, infermieri e mediatori culturali

Considerata l’emergenza Covid, il settore sanitario è stato visto sin da subito come un possibile ambito nel quale impiegare i rifugiati ucraini, per allentare la pressione sui nostri sanitari stremati da due anni di intenso lavoro. A far data dal 22 marzo 2022 e sino al 4 marzo 2023, i sanitari residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022 con Passaporto europeo delle qualifiche per i rifugiati, possono essere assunti da strutture sanitarie pubbliche o private, con contratti a termine o incarichi da libero professionisti con partita iva (anche co.co.co). Il ruolo di questi medici ed infermieri risulterà importante anche sul fronte della mediazione culturale, visti i tanti pazienti ucraini da assistere in Italia.

Stagionali negli alberghi e nei ristoranti

A fronte dell’elevato livello di scolarizzazione e di informatizzazione del popolo ucraino anche il settore del turismo e dei servizi potrebbe rappresentare un’opportunità importante per i profughi ucraini. Le associazioni del turismo da tempo lamentano la carenza di personale nel comparto, spiegando che il Covid ha spostato risorse verso altri settori meno colpiti dalla pandemia. Negli alberghi e nei ristoranti c’è una forte richiesta soprattutto di stagionali, visto che molti italiani per non perdere il reddito di cittadinanza preferiscono rifiutare lavori precari. Qui potrebbero inserirsi i profughi ucraini, con lavori che prevedono il contatto con il pubblico per coloro che conoscono bene le lingue. Non solo turismo, ma anche servizi: “Ci attendiamo l’arrivo di donne e uomini che potranno essere impiegati nel settore ampio dei servizi, ma anche tanti che possiedono specializzazioni tecniche ed elevata formazione per le quali vi è carenza in questo momento in Italia”, ha spiegato il presidente di Assolavoro Alessandro Ramazza.

Addetti alla raccolta e al confezionamento di frutta e verdura

Ci sono tanti altri lavori che gli italiani non vogliono fare e per i quali l’offerta non riesce ad essere soddisfatta. Nel settore agricolo, ad esempio, la richiesta di stagionali per la raccolta della frutta e di altri prodotti è molto alta, così come per il confezionamento. Confagricoltura ritiene che l’inserimento dei profughi ucraini in questo settore potrebbe dare buoni frutti. Bloccata sul nascere la polemica sui profughi ucraini che tolgono il lavoro agli italiani, grazie anche all’intervento del presidente del Veneto, Luca Zaia: “Bisogna superare le fake news che i profughi ucraini andranno a togliere lavoro agli altri, seguiranno il percorso normativo, a cominciare da quello sanitario sul Covid. Probabilmente faranno quei lavori che qui nessuno vuol più fare”.

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Lavoratori autonomi

Da non sottovalutare poi la voglia di fare impresa degli ucraini, considerata la forte presenza della comunità nel nostro Paese (quarta per numero di presenze tra cittadini di paesi non comunitari). Molti degli sfollati provenienti dall’Ucraina, infatti, potrebbero decidere di aprire una partita iva per iniziare o proseguire la stessa attività che svolgevano in Ucraina, dai negozi di alimentari al parrucchiere, solo per indicarne alcune.  Secondo i dati Unioncamere- Infocamere-Movimprese al 21 dicembre 2021, in Italia sono circa 5.729 le imprese guidate da ucraini, principalmente nelle costruzioni (1.741) e nel commercio all’ingrosso e al dettaglio (1.304). All'interno di queste stesse imprese potrebbero trovare lavoro altri connazionali in fuga dalla guerra.


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