Ambiente

Ue: "Per le nuove centrali nucleari serviranno 500 miliardi entro il 2050"

La previsione del commissario europeo Breton: "Fonte cruciale per la transizione ecologica"

Il commissario Ue Breton

Se il nucleare verrà classificato come fonte di energia sostenibile nella tassonomia europea, la costruzione di centrali di nuova generazione nell'Ue potrà raccogliere investimenti per "500 miliardi di euro entro il 2050". A cui si aggiungeranno altri 50 miliardi per quelle già esistenti. La stima è del commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton, che in una intervista al Journal du dimanche difende la proposta della Commissione europea di inserire il nucleare e il gas tra le fonti che potranno ricevere i finanziamenti agevolati del Green deal. 

Secondo il francese Breton, tale inserimento è "cruciale" per la transizione energetica dell'Europa, un processo che "porterà a una rivoluzione industriale senza precedenti" e "a una corsa agli investimenti tra le varie fonti energetiche". Per il commissario, "le sole energie rinnovabili dovranno mobilitare, ad esempio, 65 miliardi di euro di investimenti all'anno. E sarà necessario aggiungere altri 45 miliardi annui per acquisire ulteriori infrastrutture di rete”. 

Il peso del nucleare

Nell'approvvigionamento energetico dei Paesi Ue, il nucleare ha già oggi un peso notevole: il 13% dell'energia consumata nell'Ue nel 2019 era coperta dalle fonti nucleari. Mentre se si considera solo l'energia prodotta all'interno dell'Ue (ossia escludendo per esempio il gas importato da Paesi terzi), la quota del nucleare raggiungeva il 32%. Con un produttore a svettare su tutti: la Francia, che ha destinato circa 65% del suo mix energetico a tale fonte. Per Breton, il peso dell'atomo è destinato a salire. Una previsione che è legata a doppio filo con la tassonomia, ossia il documento che classifica le fonti energetiche e da cui dipendono gli investimenti in ballo per la cosiddetta rivoluzione verde del settore.

Secondo la proposta di Bruxelles, gli impianti nucleari dovranno essere considerati "sostenibili", ma solo se rispettano una serie di criteri. Per esempio, il Paese ospitante deve garantire che gli impianti non causino "un danno significativo" all'ambiente, compreso lo smaltimento sicuro delle scorie nucleari. Questo vale per tutti i nuovi impianti nucleari per i quali il permesso di costruzione è stato rilasciato entro il 2045". Criteri ritenuti però blandi da chi si oppone all'inserimento dell'atomo nella tassonomia.

Nell'Ue 7 nuovi impianti in costruzione

Sul nucleare l'Europa, del resto, è spaccata. La Germania, per esempio, sta spegnendo tutti i suoi reattori: 3 sono stati fermati in queste settimane, e i restanti 3 dovrebbero procedere alla chiusura a breve. Altri Paesi Ue, invece, stanno seguendo la strada opposta. La Finlandia ha da poco inaugurato Olkiluoto 3, l’impianto nucleare più grande del continente, che permetterà di aumentare la capacità di produzione di elettricità della repubblica scandinava di 1.600 megawatt. Doveva essere completato nel 2009 e costare 3,2 miliardi di euro: ci sono voluti 13 anni in più e soprattutto ulteriori 5 miliardi per accenderlo.

Al momento, ci sono almeno 7 reattori in costruzione in tutta l'Ue. A guidare il fronte dei pro-atomo c'è chiaramente la Francia, che con il suo gruppo Électricité de France (EdF), si è offerta di costruire fino a sei Epr, i reattore europei ad acqua pressurizzata di ultima generazione, con un piano che l'azienda afferma che decarbonizzerebbe il 40 per cento dell'elettricità del Paese ed eviterebbe la produzione di fino a 55 milioni di tonnellate di Co2 all'anno. Non è un caso, dunque, che Parigi, insieme a una dozzina di Stati membri, stia facendo da tempo pressioni sulla Commissione Ue perché consenta ai suoi impianti in funzione e a quelli in costruzione di accaparrarsi i finanziamenti pubblici e privati del Green deal. 

Ad opporsi ai piani francesi c'è però un gruppo di Paesi Ue, meno nutrito ma "pesante" in termini politici, guidato formalmente dall'Austria, ma con alle spalle un gigante come la Germania. Una resistenza, quella tedesca, che a Bruxelles pensano possa durare giusto il tempo di chiarire se e come il gas, centrale nel mix energetico di Berlino, verrà inserito nella tassonomia: 


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