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Polonia e Ungheria non demordono: “Ora i giudici decidano su tutela stato di diritto”

Il compromesso raggiunto ieri di fatto rinvia alla decisione della Corte di giustizia Ue sulla legittimità o meno del meccanismo. Il Governo di Varsavia annuncia subito il ricorso. E Orban tira a temporeggiare fino alle elezioni

Viktor Orban (a sinistra) e Mateusz Morawiecki (a destra) EPA/RADEK PIETRUSZKA

L’accordo raggiunto tra i leader europei nella giornata di ieri sul contestato meccanismo di tutela dello stato di diritto di certo non permette di archiviare una vicenda destinata a finire nelle aule dei tribunali Ue. La Polonia, che assieme all’Ungheria aveva posto il veto all’intero bilancio Ue, ha già annunciato azioni legali contro il sistema che bloccherà i fondi Ue ai Paesi che non rispettano l'indipendenza della magistratura e dei media e che non combattono le irregolarità di bilancio come le frodi o la corruzione. “Porteremo il meccanismo per lo stato di diritto di fronte alla Corte di giustizia dell’Unione europea” al fine di “verificare se sia conforme al diritto Ue”, ha annunciato ieri notte il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki. “L'Ungheria è un grande Paese che merita di essere trattato con equità”, ha rincarato la dose il premier ungherese Viktor Orban.

Le battaglie di Visegrad

I due “cattivi del vertice europeo”, come li chiama un diplomatico Ue, hanno tenuto una conferenza stampa congiunta per rivendicare gli obiettivi raggiunti nella loro battaglia contro il meccanismo di tutela dei valori Ue. “Non ricordo nessuna trattativa così difficile, tesa e forte come quella di oggi”, ha detto Orban ai giornalisti. “Povero Mateusz, il nostro comandante di Visegrad”, ha aggiunto riferendosi al primo ministro polacco, leader della Paese più popoloso tra i 4 del gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia), da anni sulle barricate per difendere i rispettivi Paesi dai tentativi di maggiore integrazione Ue che faccia dell’Europa un’entità politica e non più solamente economica. 

La via d'uscita proposta dai tedeschi

Dopo settimane di braccio di ferro e di minacce da parte di Budapest e di Varsavia, è stata la Germania - presidente di turno del Consiglio Ue - a mettere sul tavolo una proposta di compromesso che ha messo tutti gli Stati d’accordo. L’ok entro l'anno al piano Next Generation EU e il rischio scongiurato dell'esercizio provvisorio sul bilancio del 2021 arriva infatti grazie alla proposta tedesca che, a quanto si apprende da fonti Ue, non è stata cambiata rispetto alla bozza trapelata prima del vertice di ieri. Il meccanismo di tutela dello stato di diritto rivisto per venire incontro ai due Paesi ribelli interpreta giuridicamente il testo base approvato da Consiglio e Parlamento europeo determinando la sospensione della procedura contro i Paesi nel mirino della Commissione finché la Corte di giustizia dell'Ue non si pronuncerà sulla legittimità o meno dello strumento, aveva spiegato prima del summit una fonte Ue. Una sorta di 'questione di costituzionalità’, ma sollevata a livello europeo dove la carta fondamentale sono i Trattati. La proposta della presidenza tedesca "non tocca una virgola dell'accordo tra il Parlamento europeo e il Consiglio", assicurano fonti diplomatiche che hanno letto le cinque pagine proposte dalla presidenza tedesca. 

Due anni 'regalati' a Orban

Gli occhi sono ora puntati sul Parlamento europeo che la settimana prossima dovrà accettare la modifica 'interpretativa' del testo base e sulla Corte di giustizia dell’Ue, che si dovrà esprimere sul primo ricorso sullo strumento, che verrà sottoposto ai giudici dal Governo di Varsavia. Da un punto di vista teorico, i leader Ue non avrebbero alcuna competenza sul testo sullo stato di diritto. Come ricordato dal presidente del Parlamento europeo David Sassoli, il meccanismo è nato come un regolamento dei co-legislatori Ue di Eurocamera e Consiglio. Alcuni osservatori fanno ora notare che la Corte Ue si esprimerà solo in un anno e mezzo o due anni: il tempo di cui ha bisogno il leader magiaro Orban per arrivare alle prossime elezioni e riguadagnarsi la fiducia degli ungheresi con gli stessi metodi di Governo da "Stato illiberale" come da lui stesso rivendicato in più occasioni.


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