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Convincere l'Ucraina a tornare ai negoziati di pace: la missione di Scholz, Macron e Draghi

I tre leader europei incontrano Zelensky. Sul tavolo armi, grano e adesione all'Ue. Ma le proposte di Germania, Francia e Italia potrebbero non piacere a Kiev

Macron e Draghi a Kiev

La pace in cambio di una garanzia sui futuri rapporti del Paese con l'Unione europea. O, come sottolineano i diplomatici dell'Est Europa, un bastone in cambio di una carota. Sarebbe questo il piano dietro la missione dei leader di Germania, Francia e Italia a Kiev. Sulla carta, le questioni sul tavolo sono il riconoscimento dello status di Paese candidato all'adesione Ue e i rifornimenti di armi che l'Ucraina chiede, insieme alla crisi alimentare e allo sblocco del commercio del grano. A quel tavolo Olaf Scholz, Emmanuel Macron e Mario Draghi si sono voluti presentare insieme, come segno dell'unità dell'Europa e della vicinanza e solidarietà a Kiev. Ma anche per portare un chiaro messaggio al presidente Volodymyr Zelensky: è giunta l'ora di tornare al tavolo dei negoziati con la Russia. 

I nodi al pettine

A dirla tutta, Draghi ci aveva provato già un mese fa, ma senza risultati. Ora, però, una serie di nodi stanno arrivando al pettine. Come ammesso da alcuni leader ucraini, Mosca ha mostrato finora una resistenza alle sanzioni occidentali maggiore di quella che ci si aspettava. La capacità del Cremlino di destabilizzare il mercato energetico e quello delle materie prime agricole è per ora rimasta immutata. Si pensi al grano: senza una concessione da parte russa, il commercio non riparte. L'Ue ha lanciato l'idea di "corridoi di solidarietà", mentre il presidente Usa Joe Biden ha annunciato la costruzione di silos al confine con l'Ucraina: ma entrambi i piani, come ammesso dalla Polonia (il Paese che ha più il polso della situazione sul campo), richiedono tempo per essere realizzati.

Sull'energia, oggi il prezzo del gas è tornato a schizzare in alto: è bastato che Gazprom annunciasse piccole e temporanee interruzioni nelle sue forniture a Germania e Italia, per far scattare la corsa al rialzo. Non certo buoni segnali per l'inflazione galoppante che sta "mangiando" la spinta alla ripresa post-Covid dell'Europa, creando tensioni sociali che Macron sta già pagando in patria. E che presto potrebbero destabilizzare altri Paesi Ue. 

In tutto questo, le operazioni militari sul campo stanno lentamente favorendo l'avanzata russa, mentre a Kiev comincia a serpeggiare la stanchezza. Come prevedibile, una guerra per logoramento favorisce chi ha più armi. L'Ucraina ha presentato da tempo le sue necessità in tal senso ai leader occidentalu: 300 lanciarazzi multipli mobili, 1000 obici, 500 carri armati, 2000 veicoli corazzati e 1000 droni. "Ad oggi, abbiamo ricevuto circa il dieci per cento di ciò di cui l'Ucraina ha affermato di aver bisogno", ha detto amaramente la vice ministra della Difesa ucraina Hanna Maljar alla vigilia dell'arrivo dei tre leader Ue.

La questione delle armi

"Ma per quanto tempo ancora Paesi come Usa, Germania, Francia e Italia sono disposti a inviare armi? E quante? - si chiede il quotidiano tedesco Welt - Secondo le stime dei circoli diplomatici di questi Paesi, le massicce consegne di armi a lungo termine all'Ucraina non solo indebolirebbero le proprie capacità militari, ma prolungherebbero anche la guerra in Ucraina. E quindi aumenterebbero anche i costi di ricostruzione del Paese, le sanzioni e le loro conseguenze economiche sull'Europa stessa".

Come dicevamo, dunque, i nodi sono giunti al pettine. Gli Usa stanno concentrando i loro sforzi sempre più nel Pacifico, e l'Ue si trova a gestire una guerra alle sue porte e le conseguenze politiche, economiche e sociali di essa. In più, l'Europa è chiaramente divisa: da un lato c'è il blocco franco-tedesco-italiano, che sembra aver trovato un'unità di intenti, dall'altro ci sono i Paesi dell'Est guidati dalla Polonia.

Accordi di Minsk 3.0?

Il vantaggio del primo blocco sui secondi è di avere in mano due cose importantissime per Kiev: le chiavi di accesso all'Ue e i fondi per la ricostruzione del Paese. E' la carota che sembra siano disposti a consegnare a Zelensky in cambio di un ritorno al tavolo dei negoziati con Putin. Il problema è capire a che condizioni. Uno dei consiglieri più vicini al presidente ucraino, Oleksiy Arestovych, ha detto alla Bild di temere che i tre leader Scholz, Macron e Draghi "cercheranno di raggiungere un accordo di cessate il fuoco", una sorta di "Minsk III" (il riferimento è agli accordi siglati dopo la guerra in Crimea sotto la spinta di Berlino e Parigi). “Diranno che dobbiamo porre fine alla guerra che sta causando problemi alimentari e problemi economici - ha proseguito Arestovych - che russi e ucraini stanno morendo, che dobbiamo salvare la faccia di Putin, che i russi hanno commesso degli errori, che dobbiamo perdonarli e dare loro un'occasione per tornare nella comunità internazionale”. 

Il timore di Kiev è di dover dire addio al Donbass e alla Crimea, se non ad altri pezzi di territorio. Fonti vicine a Macron sono meno catastrofiste: "Zelensky deve definire quella che per lui sarebbe una vittoria militare. Siamo favorevoli a una vittoria completa con il ristabilimento dell'integrità territoriale (ucraina, ndr) su tutti i territori che sono stati conquistati dai russi, compresa la Crimea". E la Russia? Il mantra, ripetuto da Macron, è non "umiliare Putin": come detto anche da Scholz, la Russia non deve vincere la guerra. Nessuno, tra i leader dei tre principali Paesi Ue, ha però ancora dichiarato che Mosca deve perderla, questa guerra.


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