Film al Cinema

Banu, il femminismo che l'occidente non conosce

Il film di Tahmina Raffaella presentato alla Mostra del Cinema di Venezia

Banu, una scena del film

Presentato nella sezione Biennale College, Banu rappresenta lo spaccato di un femminismo lontano da quello occidentale ormai più stratificato, ma ricco di spunti di riflessione nel riportarci a lotte che oramai sembrano dimenticate. La regista Tahmina Raffaella, è anche attrice e scrittrice e ha diretto, prima di Banu, un cortometraggio dal titolo Qadin (Una donna), in cui aveva già anticipato la tematica sociale alternata a quella politica, lasciandole sempre distinte una dall’altra come a volere dimostrare la loro distanza in un Paese ancora molto contraddittorio su più fronti.

La trama

Il film inizia, nella prima scena, con un notiziario in cui uno speaker aggiorna gli ascoltatori sullo stato del conflitto tra Azerbaijan e Armenia per il controllo del Nagorno Karabakh. L'incipit ci lascia sorpresi quando scopriamo che la tematica centrale non è la guerra, seppur funge da contenitore storico e ambientale, ma la storia di Banu alle prese con un quasi impossibile divorzio dal marito, uomo ricco, problematico e prepotente, tanto da “rapire” il figlio, usandolo come arma di ricatto nei confronti della moglie determinata a chiudere il loro rapporto per sempre. Disposta a denunciarlo alla polizia la donna si troverà spiazzata nel dover spiegare l’ovvio ad un poliziotto, che nonostante l’intervento dell’avvocato, si rifiuterà di accogliere le accuse nei confronti del marito. Il commissario e tutti i personaggi a cui Banu chiede di testimoniare in suo favore - come madre responsabile e affidabile, e non affetta da problematiche psichiatriche - cercano una mediazione per far riconciliare la donna con il coniuge.

La recensione

La regia scelta da Tahmina Raffaella, azira ma cresciuta in Canada, è chiaramente centrata sulla necessità di mostrare il dolore della protagonista, interpretata sempre da lei, e soprattutto un senso di grande spaesamento creato attraverso un effetto onda, che pervade tutta la pellicola. Gli spostamenti ondivaghi della mdp non bastano però a completare il quadro emotivo del film e a volte le azioni si somigliano, ripetendo scene simili. Nonostante ciò è palese il coraggio della regista azera e la sua determinazione nel mostrare la grande volontà di alcune donne di liberarsi da matrimoni infelici e distruttivi nonostante la presenza di ostacoli tipici di una società patriarcale, che si spende molto più sulla definizione di concetti geopolitici, che di tipo umano e sociale.

L’assurdità delle guerre non è mai stigmatizzata, ma il ragionamento e la trama portano inevitabilmente a pensarlo come un inutile crimine. Tahmina Raffaella presenta una storia semplice e lineare, con una sceneggiatura non molto sofisticata, di cui immaginiamo già la fine, ma che in ogni modo regala alle donne di paesi poco rappresentati, la possibilità di parlare delle discriminazioni che esse subiscono subdolamente tutti i giorni a causa di retaggi patriarcati radicati nel profondo.

La multidisciplinare regista ha comunque vinto, a prescindere da quale sarà lo sviluppo della sua carriera, perché ha centrato l’importanza delle donne, lavoratrici e madri e di una società guerrafondaia, che le cancella socialmente di default, in cui c’è posto solamente per la reiterazione di concetti triviali della sfera maschile più arcaica. Le due tematiche donne e guerra, rimangono in due emisferi filmici diversi, ma sono con chiarezza una la conseguenza e l’opposto dell’altra: una società che si evolve non genera morte e non opprime i diritti di coloro che al contrario sono portatrici di vita.

Un film di Tahmina Rafaella . Con Tahmina Rafaella , Melek Abbaszadeh , Zaur Shafiyev Drammatico , durata 90 min. - Azerbaidzhan, Italia, Francia, Iran 2022


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