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Il fuoco nucleare che non si può più spegnere

Contrordine: in Germania due centrali nucleari, delle tre ancora attive, resteranno in funzione anche dopo il 31 dicembre, termine fissato per l’uscita definitiva del paese dall’energia atomica. La comunicazione è arrivata ieri direttamente dal ministro dell’economia, il verde Robert Habeck. Mesi buttati a invocare studi, analisi, rapporti, approfondimenti. Ancora fino a pochi giorni il ministro fa assicurava che, nonostante tutto, il paese poteva fare a meno delle ultime centrali. E appena qualche settimana fa in una conferenza stampa Habeck presentava una soluzione che definire creativa è poco: due rettori sarebbero stati spenti, uno staccato dalla rete ma tenuto in attività, per fronteggiare eventuali emergenze. E l’imprevisto pare sia arrivato: sembra che la Francia abbia ancora problemi con le sue centrali nucleari e potrebbe non essere nelle condizioni di assicurare il contributo energetico pattuito. Quindi, verranno tenuti in funzione due reattori, quelli al Sud, fino ad aprile del prossimo anno. Si maligna che quello a Nord-Ovest, in Bassa Sassonia verrà spento perché presto ci saranno le elezioni locali (9 ottobre) e Habeck non vuole problemi con il suo elettorato.

Dunque, i problemi francesi diventano tedeschi. Davvero? Quindi da oltre sette mesi c’è una guerra a Est, il Governo federale ha promosso e sostiene iniziative e sanzioni contro il suo principale fornitore di energia, Habeck stesso va da mesi in giro per il mondo a cercare soluzioni alternative e ora, a fine settembre, il problema sarebbe la Francia? Francamente la scelta del ministro non può non apparire incomprensibile: sono mesi che in molti ripetono che i tre reattori andavano tenuti in funzione. E non per furore ideologico o per mettere in discussione i tempi di uscita dal nucleare: se abbiamo poca energia, è bene conservare, nell’immediato, tutte le fonti a disposizione. Nessuno chiede di costruire nuove centrali, cosa che non arrecherebbe alcun risultato utile per i prossimi dieci anni. Ma che senso ha spegnere le tre rimanenti nel corso della peggiore crisi energetica degli ultimi anni? E la comunicazione di ieri, “Abbiamo avuto un colloquio costruttivo con la direzione degli impianti”, dopo mesi di tira e molla, non può non far sorridere, per non piangere.

Habeck ha palesemente commesso almeno due errori. Prima ha promesso di studiare la questione con gli esperti. Ha indicato commissioni di studi, analisi, rapporti. Certo, la materia è complicata e la questione va approfondita. Due settimane fa presentò gli studi sulla tenuta del sistema elettrico: come già ricordato, secondo il ministro la Germania poteva farcela anche senza i tre reattori. “Bella scoperta”, mormorò qualcuno. Ma se c’è una crisi nell’offerta di energia, se i prezzi salgono, non sarebbe meglio tenerli comunque in funzione? Ecco il primo errore: anziché neutralizzare subito lo scontro ideologico e ammettere che qualche mese in più di funzionamento per le tre centrali nucleari non avrebbe avuto alcun impatto negativo sull’ambiente o sulla futura politica del Governo, Habeck ha fatto quello che di solito fanno i politici tedeschi. Vale a dire delegare la decisione a organi (apparentemente) tecnici. E, sotto sotto, provare lentamente a far passare la sua idea. Il gioco non gli è riuscito e anzi da mesi è sotto il fuoco incrociato: la questione è ormai diventata un modo per regolare i conti nella stessa coalizione di governo.

E qui veniamo al secondo errore, che Habeck condivide con Lindner, il ministro liberale delle finanze. Di fronte a una crisi come questa, la coalizione è chiamata a rivedere il suo programma. A darsi nuove priorità. L’impressione è che a Berlino siano fermi al patto di coalizione del novembre 2021, scritto e firmato in un mondo completamente diverso. È semplicemente mancanza di buon senso credere che nel mondo di oggi, quello della guerra di Putin all’Ucraina, tre quattro, persino un anno in più di funzionamento dei tre reattori nucleari possa cambiare l’obiettivo che il paese si è dato di diventare un’economia totalmente neutrale per il clima entro il 2040. E le discussioni tra Habeck e Lindner sono un segnale: litigano su tutto, dal nucleare al tetto al gas, che Lindner ha per settimane avversato e che ora dovrebbe essere approvato. Anzi, sempre secondo i maligni è la moneta di scambio che Lindner paga per tenere in attività i tre impianti. Al governo sembra mancare la consapevolezza che la nuova sfida necessita una cultura politica diversa. 


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