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Così la Germania scivola nel caos degli scioperi

Un passeggero attende davanti a un banco del check-in per riprenotare il proprio volo durante uno sciopero dei piloti Lufthansa, all'aeroporto internazionale di Francoforte sul Meno, Germania, 02 settembre 2022.

Si sono conclusi i due giorni di “clausura” del Governo federale riunito a Meseberg per programmare i prossimi difficili mesi. Due giorni di lavoro a porte chiuse e al termine una conferenza stampa a tre, il Cancelliere federale Scholz, il ministro delle finanze Lindner e quello all’ambiente Habeck in rappresentanza anche dei tre partiti che compongono la coalizione semaforo. Inutile cercare qualcosa di rilevante o di sostanzioso negli annunci dei tre. Per ora la cosa più importante era rassicurare l’opinione pubblica che il Governo c’è e, soprattutto, che è (ancora) unito. Per il resto tanti buoni propositi ("Il paese è pronto ad affrontare la burrasca") ma nessuna chiara proposta: bisognerà attendere le prossime settimane per capire cosa davvero hanno in mente in tre per superare le divisioni nella coalizione e affrontare i prossimi difficili mesi.

Tutto sommato non c’è da meravigliarsi. Poco più di un anno fa le elezioni federali incoronavano Scholz alla guida di una innovativa coalizione a tre, con SPD, Liberali e Verdi. Che la litigiosità avrebbe potuto rallentare i lavori del Governo era qualcosa di scontato come pure che a soffrirne sarebbero state la trasparenza e la rapidità di comunicazione dell’esecutivo. Così l’appuntamento di ieri serviva a mostrare un Governo tutto sommato unito e coeso, che trova una quadra sulle questioni principali. Toccherà poi ai singoli ministri e al lavoro con i gruppi parlamentari definire in concreto i provvedimenti da prendere. Secondo i tre il pacchetto di sgravi per i cittadini annunciato è “imponente” ma, come detto, abbiamo pochi dettagli e non c’è da stupirsi: in fondo la democrazia funziona così, c’è poco da fare.

Tuttavia, agli annunci di Meseberg e all’intesa mostrata dai tre si affianca, proprio dal primo settembre, la fine del biglietto dei trasporti a nove euro. I tedeschi torneranno alle vecchie tariffe, molto più care. Scholz si era difeso nei giorni scorsi: “Era un provvedimento a tempo, con una scadenza precisa”. Verissimo. Ma è anche vero che, nonostante i disagi – treni affollatissimi – il progetto sembra sia stato un successo. Forse bastava un po’ di senso comune, ma quando persino l’Ufficio di statistica federale conferma che è aumentato il numero di viaggiatori sui treni, il successo dell’iniziativa sembra essere palese. Perlomeno il suo gradimento tra la propolazione. E non può che sorprendere, di fronte a questi dati, la tranquillità con cui il Governo tedesco lascia cadere un provvedimento tanto apprezzato, trincerandosi nel burocratese del Cancelliere che promette interventi per il futuro prossimo, ma per ora supera gli evidenti contrasti nella maggioranza ma non ha molto da offrire al paese. Che da oggi torna a pagare il biglietto per intero: davvero non era possibile lavorare in estate per capire come e in quali modalità continuare a incentivare l'uso dei mezzi pubblici? Per non parlare della necessità di riprensare completamente il sistema del trasporto su ferro che, almeno in questi ultimi anni, ha mostrato e continua a mostare problemi enormi: servirebbero forse investimenti e una revisione delle norme attuali per garantire interventi più veloci e razionali. Ma qusto richiederebbe una maggiore chiarezza nella coalizione tra le priorità da adottare e la consapevolezza di dover essere conseguenti alla Zeitenwende annunciata da Scholz.

Alla vigilia di un inverno sul quale ci sono tante incertezze e di costi in continuo aumento, la coalizione a Berlino sembra incapace di fare davvero squadra e di rassicurare i cittadini con provvedimenti chiari e concreti. Per ora le certezze arrivano soprattutto agli inquilini, sotto forma di lettere dalle amministrazioni degli appartamenti: l’aumento del gas si vedrà in bolletta, soprattutto al conguaglio di fine anno. Perciò il consiglio è di mettere subito da parte qualcosa per evitare di avere problemi tra qualche mese con le richieste di pagamento. Anche su questo la politica sembra ferma e in attesa di trovare una quadra al suo interno: come intervenire sul prezzo delle materie prime, come sostenere le famiglie in difficoltà, come combattere la povertà che aumenta. Per ora la decisione del governo di un contributo sul gas presa nelle scorse settimane chiarirà nei prossimi mesi (in bolletta!) quanto i tedeschi dovranno sborsare: servirà invece capire quale parte della popolazione richiede aiuti immediati e, soprattutto, intervenire per evitare speculazioni o usi impropri del contributo.

Di fronte a tutto ciò, i tre partiti sono ancora lontani da una politica comune e continuano a recitare le parti che hanno scelto. Così il liberale Linder era ed è il più contrario a una prosecuzione del biglietto a nove euro, che ha definito nelle scorse settimane “ingiusto” e figlio di una “mentalità delle cose gratis”.  Habeck appare compresso nel suo ruolo di leader dei Verdi e di ministro che dovrà garantire l’approvvigionamento energetico per i prossimi mesi. In mezzo il Cancelliere federale, che parla poco e prova a tenere in piedi la coalizione. Ma non riesce ad andare oltre le rassicurazioni. Guardando al resto d’Europa, quella tedesca è una situazione certamente non troppo negativa. Scholz conferma così la sua fama di buon amministratore. Tuttavia un anno dopo le elezioni federali ci si aspetterebbe qualcosa di più dalla semplice declinazione dell'accordo elettorale dello scorso anno: l'aumento del salario minimo, ad esempio, è una misura certamente positiva ma pensata in contesto completamente diverso da quello attuale. Perché nel frattempo c'è stata la svolta, la Zeitenwende, che lo stesso Scholz ha annunciato e che per ora rischia di marginalizzare la parte più debole della società tedesca. Che infatti inizia a reagire: il paese è attraversato da scioperi e proteste e non parlo solo del celebre caso di Lufthansa. Certo, non ci si può aspettare che la coalizione cambi la propria pelle e la propria natura, ma nemmeno si puó continuare a far finta che la "svolta" riguardi solo il settore militare e della difesa. 


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