Opinioni

Ero un idiota, caro collega Elkann, come tutti i 17enni

Elkann (foto LaPresse)

A scuola ero un somaro. Quando mi chiedevano come andassi al Cavalleri, il liceo di Parabiago (Milano) che ho frequentato per cinque anni, rispondevo sempre con una battuta: “In pullman, perché passa in piazza a Garbatola, 150 metri da casa mia”. Ho superato la maturità grazie alla clemenza di alcuni professori, ma soprattutto per merito di Wikipedia e Studenti.it. Tra i 14 e i 19 anni pensavo solo a sfondarmi le orecchie a suon di thrash metal, avevo i capelli lunghi, felpone gigantesche e non avevo altro credo oltre ai Metallica. Non solo: non indossavo camicie, figuriamoci i completi stazzonati di lino. Ero un idiota, come è giusto essere a 17 anni. Ero un “lanzichenecco”, proprio come i ragazzi che ha incontrato Elkann padre. Non leggevo Proust, non leggevo la stampa inglese, non leggevo neanche i libri che la professoressa di lettere assegnava alla classe. Non studiavo Dante, ma conoscevo a memoria la discografia degli Iron Maiden. Non mi appassionava Verga, ma adoravo Jack London. Non solo. Divoravo pezzi di cronaca, articoli dell'Hacker Journal (che imbarazzo!), costruivo siti in Html, scrivevo inutile codice Python, montavo video e mi divertivo a prendere per il culo un mio amico creando fotomontaggi ridicoli. La letteratura italiana non mi interessava, la trovavo noiosa, idem per il latino. La matematica? L'ho capita fino alla seconda superiore, poi ho perso il filo. Chimica? Ancora peggio.

Avevamo i capelli lunghi e il vaffa sulle labbra

“Se avessi fatto una scuola diversa magari avresti avuto risultati migliori”, mi ha detto a inizio estate una mia amica, attuale insegnante alle medie. Vero! Se avessi fatto un’altra scuola quasi certamente non avrei dovuto sostenere una sfilza di esami di riparazione, i miei genitori avrebbero risparmiato i soldi delle ripetizioni, ma di sicuro sarei un’altra persona. Tutto ciò che so fare - e che mi è utile nella vita di redazione - l’ho imparato grazie agli input che arrivavano dai miei compagni di classe, che in questi anni sono diventati i miei amici. Tutti “lanzichenecchi”. All’epoca avevamo i capelli lunghi, modi di fare spicci e il vaffa sempre sulle labbra. I capelli li abbiamo tagliati (poi si sono fatti sempre più radi, ma questa è un’altra storia) e abbiamo cambiato atteggiamenti. Alcuni difetti, purtroppo, ce li siamo trascinati, ma attualmente siamo tutte brave persone. Bravi italiani che contribuiscono al benessere di questo paese. Ed è questo ciò che conta davvero.

Caro Alain Elkann, caro collega, quando si è adolescenti essere “lanzichenecchi” è un dovere civile. Una necessità. I ragazzi sono ragazzi e le nuove generazioni sono peggio delle precedenti dai tempi dell’antica Roma. I giudizi è meglio lasciarli a certi professori poco svegli. Chi credeva che non avrei concluso niente nella vita si è meravigliato quando ho terminato il mio percorso di studi (una magistrale in lettere moderne alla Statale di Milano) con un voto a tre cifre conseguito senza andare fuoricorso. Tutto mentre lavoravo per le stesse persone da cui, quando ero giovane e pirla, compravo le versioni di latino e i riassunti dei libri. Oggi mi pagano perfino uno stipendio per scrivere. Ah, il caso della vita!

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