Opinioni

Smettiamola di nasconderci dietro a Romagna mia

Tutto molto bello eh, sia chiaro: onore a quei "burdel de paciug", al sorriso scanzonato per irridere alle difficoltà, all'allegria antidoto alla disperazione, al karaoke per abbracciare la fratellanza. Però finiamola di cantare "Romagna mia" nascondendo le vere responsabilità di quanto successo nell'ultimo mese. Passato il cordoglio per le vittime, senza dimenticare l'aiuto per chi nell'acqua e nel fango ha perso tutto, sarebbe il caso di rispolverare la rabbia e l'orgoglio. Perché non va affatto tutto bene.

Benché i politici non manchino di sottolineare la singolarità dell'evento estremo che ha colpito le province di Ravenna, Forlì, Cesena, Rimini (in ordine di gravità) forse sarebbe il caso di aprire un attimo gli occhi. Passata l'ubriacatura mediatica è facile accorgersi come troppo spesso si sia costruito dove forse non era il caso. Scavare garage e seminterrati dove una volta c'era il letto di un fiume non è certo da premi nobel. Un vecchio detto spesso - colpevolmente - dimenticato recita che "dove c'era l'acqua prima o poi ci ritorna". 

Per troppo tempo speculatori senza troppi scrupoli hanno puntato le proprie fiches sul "poi". Fiumi sono stati irregimentati, ristretti in argini artificiali, tombinati sotto interi quartieri. Forse qualcuno si è sbagliato visto che alla fine l'acqua è tornata. Lo spiegano in modo cristallino gli esperti del World Weather Attribution in un'analisi pubblicata dal celeberrimo Imperial college di Londra: l'impatto del cambiamento climatico sull'alluvione dell'Emilia Romagna è residuale. Benché eccezionali, le precipitazioni che si sono concentrate sull'area pedemontana della Romagna rientrano nel computo della statistica, non sono elementi fuori scala. Evitiamo quindi di accettare la foglia di fico del cambiamento climatico per giustificare un disastro che ha padri e patrigni. Nomi e cognomi li vorremo lasciare alla magistratura inquirente, peccato che un fascicolo di inchiesta è stato ad oggi portato avanti solo dalle procure di Forlì e Ravenna. A soli due magistrati inquirenti è affidato il compito di far luce sui responsabili di un disastro definito colposo solo per prassi. Eppure come abbiamo più volte dimostrato i dati parlano chiaro: si è costruito tanto a scapito di un terreno idrogeologicamente complesso. 

Abbiamo costruito dove non dovevamo

Accettiamo invece che il cambiamento climatico in atto - aspetto col sorriso quanti vorranno confutarlo - porterà a una maggior ricorrenza degli eventi meteo estremi con periodi di siccità alternati a precipitazioni eccezionali per tempi, quantità e estensione. Siamo pronti? 

Ora cantiamo pure Romagna mia, però mi chiedo quanto questa narrazione di "popolo resiliente" sia davvero funzionale a coprire le colpe di una politica guascona e di una amministrazione pronta a far orecchie da mercante. Nelle prossime settimane sono annunciati eventi benefici per raccogliere fondi facendo appello al grande cuore degli italiani. L'ennesimo assalto al risparmio privato per il bene pubblico. E dimostreremo ancora di essere un grande Paese. Forse un po' fesso però: mi chiedo quando a pagare sarà davvero chi sbaglia, chi bollina piani di urbanizzazione che ignorano i dettami naturali, chi cementifica come se stesse stendendo una piadina, chi ha fatto finta di non vedere alvei ingombri, chi non ha portato avanti con convinzione opere che avrebbero salvato interi quartieri, chi forse ha lucrato sulla pelle di chi ha rischiato di annegare nel fango e soprattutto di chi in quel fango ha trovato la morte.

E allora sì, cantiamo alla nostra Romagna, ma pretendiamo risposte da chi in questa baldoria dribbla le proprie colpe. Perché l'alluvione di maggio sia il punto di partenza per una nuova concezione di rapporto con un mondo che cambia e ci chiede di cambiare. Perché non succeda un altro 16 maggio.


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