Politica

La "beffa" dell'Iva: aumento a ottobre

L'Italia poteva evitare l'aumento dell'imposta sul valore aggiunto, ma nel 2011 ha perso 36 miliardi di entrate, soprattutto per l'evasione fiscale. E bisogna tranquillizzare l'Europa sulla stabilità dei nostri conti...

ROMA - Sull'Iva ogni anno l'Italia perde un multiplo di quello che dovrebbe ottenere dal controverso aumento previsto dal primo ottobre, ovvero circa due miliardi. E ancora: con oltre 36 miliardi di euro persi nel 2011 è di gran lunga il Paese di tutta l'Unione europea ad accusare il maggior divario in termini assoluti tra entrate attese sull'Iva e quelle effettivamente incassate. Il record si è toccato nella recessione del 2009 con 39,7 miliardi persi, ma anche in un anno positivo come il 2007 si sono persi oltre 29 miliardi. Lo certifica nero su bianco uno studio della Commissione europea sul mancato gettito dall'imposta indiretta nei paesi dell'Unione. 

Morale della favola: all'Italia basterebbe recuperare una piccola frazione dell'Iva che ogni anno non riesce ad incassare, prevalentemente a causa dell'evasione fiscale, per evitare qualsivoglia aumento. 

Numeri freddi, spietati, all'apparenza, ma che incidono (e fortemente) sulla vita di ogni cittadino. Se la Commissione è stata bene attenta a ribadire che le decisioni sull'Iva appartengono alle autorità nazionali, dopo le recenti polemiche che si sono innescate intorno alle critiche Ue sull'abolizione dell'Imu sulla prima casa e sull'incertezza sulla stabilità di governo, lo studio non si slega in toto dall'aspro dibattito che nel nostro Paese si è creato attorno al tema. 

PARTITA DI SCAMBIO - Soltanto ieri Silvio Berlusconi ha ribadito il sostegno del centrodestra al governo Letta, ma ha messo in guardia gli alleati sul "rispetto dei patti presi", e soprattutto quelli economici, sui quali i ministri Pdl daranno battaglia. E Renato Brunetta oggi è stato chiaro: "Lo dico e lo ripeto: o l’Iva non aumenta a ottobre o non c'è più il governo, perché questo era un impegno di governo. Se lo metta in testa il ministro Saccomanni. I ministri servono per governare, non per fotografare i problemi e il ministro Saccomanni, il ministro del Tesoro, ha l’obbligo e il dovere di prospettare le coperture rispetto agli impegni di governo".

L'aumento dell'Iva di un punto percentuale a ottobre, però, sarebbe stato già deciso. I richiami all'ordine di Olli Rehn, Commissario europeo degli Affari economici e monetari, non lasciano dubbi: si tratta di una sorta di "partita di scambio", dopo l'abolizione dell'Imu, per tranquillizzare l'Europa sulla stabilità dei nostri conti.

Imu abolita, aumenta l'Iva

MANCATI INCASSI = AUMENTO - Un aumento che, come si evince dallo studio, poteva essere scongiurato. Secondo i calcoli della Commissione, basati su dati Eurostat, nel 2011 in Italia erano attesi 134,7 miliardi di euro dall'Iva, mentre ne sono stati incassati solo 98,5. Sulla mole assoluta di questo divario l'Italia è in testa davanti alla Francia, con un gap da 32 miliardi (Francia che pure ha un Pil più grande). Seguono la Germania, dove il gap è di 26,9 miliardi, la Gran Bretagna con 19 miliardi, la Spagna con 15 miliardi e, quinta, la Grecia con 9,7 miliardi. Il problema quindi è diffuso, tanto che per l'insieme dell'Ue il gap sul gettito Iva 2011 è calcolato a ben 193 miliardi di euro.

Siamo i più tar-tassati d'Europa

Cifre "inaccettabili", secondo l'eurocommissario alla fiscalità Algirdas Semeta. "Specialmente visto l'impatto che queste mancate entrate avrebbero a favore dei conti pubblici". La sua portavoce, Emer Traynor, ha ripetuto che "spetta agli Stati nazionali decidere i livelli dell'Iva". Ma ha anche sottolineato che su questo capitolo il miglioramento delle entrate, oltre che per eventuali incrementi dell'aliquota, dipende "da una combinazione di fattori", tra cui "ovviamente c'è anche la lotta all'evasione".

Mettendo i gap in raffronto con la mole delle rispettive economie, quello dell'Italia, pari al 2,3% del Pil 2011 e al 2,1% sul periodo 2000-2011, risulta superiore alla media europea dell'1,5%. In questo caso però non ottiene il piazzamento peggiore: è solo il settimo valore più elevato, e il secondo maggiore nell'area euro dopo la Grecia (4,7%). Maglia nera invece è la Romania, con un gap sull'Iva del 7,9 per cento del Pil, seguita a pari demerito da Grecia e Lettonia (4,7%). Lo studio, di 127 pagine, è consultabile sul portale web della Commissione (https://ec.europa.eu/atoz_en.htm).


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