Politica

"Sulle comunità energetiche siamo in ritardo: la vera sperimentazione deve ancora partire"

Lo scorso mercoledì 22 novembre Bruxelles ha dato finalmente il via libera al decreto italiano sulle comunità energetiche che si aspettava da un anno e mezzo: ne abbiamo parlato con Annalisa Corrado, responsabile ambiente del PD

Annalisa Corrado, responsabile ambiente Pd (Foto Facebook)

Dopo mesi di attesa, e dopo il via libera di Bruxelles, è atteso entro l’anno il decreto energetico che dovrebbe dare il via, anche in Italia, alla creazione di comunità energetiche propriamente dette. Abbiamo chiesto ad Annalisa Corrado, responsabile ambiente del Pd, di dare una valutazione su quello che è stato fatto finora e su cosa manca. 

Com’è andata finora l’esperienza delle comunità energetiche in Italia?

"La sperimentazione che è stata avviata aveva delle gravi falle e comunque ha creato uno strumento che era importantissimo, ma che ha delle complessità. Infatti sono state partorite pochissime comunità energetiche, c’è stato un grande interesse, ma pochi numeri. A un certo punto è subentrato anche l’effetto tappo di aspettare la nuova normativa, in più c’erano anche dei palesi errori tecnici…"

Quali?

"Parliamo di aspetti che hanno complicato di molto la vita di chi voleva creare una comunità energetica finora. Si parlava di impianti sotto i 200KW, però poi si individuava la cabina di bassa tensione per poterle allacciare: il problema però è che il gestore è tenuto ad allacciartela solo se fai una domanda sotto i 100KW. Tradotto: il limite di 200KW era fittizio, il limite vero era 100KW. Inoltre c’era il caos cabine: individuare la propria cabina di bassa tensione era una specie di tetris. Le persone dovevano fare domanda e ricevevano un codice criptato perché sono dati di pubblica sicurezza".

Cosa cambierà?

"Entrambe queste cose con il nuovo decreto dovrebbero essere risolte. Si dovrebbero realizzare impianti su cabine primarie che sono pubbliche e sono anche mappate e quindi è facile sapere la collocazione. Rimane la complicazione di competenze stratificate di tipo tecnico e normativo. Non è semplice da gestire".

Perché tutta questa attesa per il decreto?

"Ci dovevano mettere pochi mesi, lo abbiamo atteso per oltre un anno e mezzo e l’entusiasmo per le Cer è un po’ sfumato. Siamo finalmente felici che la situazione si sia sbloccata, ma si poteva fare più pressione con la Ue per un testo che aveva indubbiamente delle criticità. Non ne hanno parlato pubblicamente, ma qualcosa che non andava in sede tecnica c’era sicuramente, a nostro avviso. E questa lungaggine manifesta una scarsa attenzione del soggetto che doveva vigilare. Il decreto attuativo per l’avvio delle Cer era atteso entro natale scorso, vediamo se entro quello di quest’anno riusciamo a farcela".

Siamo in ritardo rispetto ad altri paesi europei?

"Siamo stati i primi a partire ancora prima della direttiva europea, ma la montagna ha partorito il topolino. Visti i numeri, parliamo di poco più di 30 comunità energetiche attive, possiamo dire che la sperimentazione di fatto non è ancora iniziata. Quindi sì, adesso siamo in ritardo".

Come sarà il decreto?

"La versione che era circolata risolveva alcune criticità ed era una cosa buona, il problema è che rimane uno strumento molto complesso. Inoltre dobbiamo vedere i numeri: può essere utile come strumento di welfare sociale se si decide di investire sul fotovoltaico, ad esempio, piuttosto che sul bonus energia, ma serve un buon investimento pubblico. Dai numeri si capirà se si può attrarre finanza terza o realizzare una buona sincronia pubblico - privato. Ci auguriamo che sia elastico e che vada bene sia per il piccolo comune che, magari, per il distretto industriale gestito da una cooperativa. E che sia uno strumento elastico".

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