Politica

Renzi detta la legge elettorale, con o senza Letta (e Berlusconi)

Il segretario del Pd incontra Enrico Letta e si prepara a fare lo stesso con Berlusconi: la nuova legge elettorale vuole farla lui. Anche se questo dovesse significare crisi di governo

Incontri. Non è un romanzo. Non è un filmone americano. E’ la sintesi, stringata, di un pezzo della vita politica italiana. Non di tutta. Di Renzi, che da un mesetto buono, sta cercando di imporre la sua agenda alla politica tutta. E c’è chi si adegua, come Enrico Letta, che ha in testa di formulare, nero si bianco, la crono tabella 2014, “l’impegno per l’Italia”. E qui gli attriti tra i due, che Merlo su Repubblica ha definito i Tom e Jerry all’italiana, un po’ come fu per D’Alema e Veltroni: “amici in pubblico, molto meno dietro le quinte”.

Amici nemici, perché? In questo quadro, tra equilibrismi e atti di forza, il nodo vero è rappresentato da quel che sarà della legge elettorale. Metterci mano è inevitabile, lo ha detto chiaramente la Consulta e le motivazioni potrebbero far tremare ancor più un palazzo in perenne assetto sismico. Sono le strade a separare i due galli dello stesso pollaio. ‘Enrico’ vorrebbe trovare la quadra all’interno della sua maggioranza per non scivolare nel buco nero degli strappi interni irreparabili. Il tutti a casa. ‘Matteo’, invece, ha messo in campo tre ipotesi di riforma ed è deciso a parlare con tutti. E a trovare i numeri con chi ci sta. E il governo? “Faccia il governo, la riforma elettorale è questione parlamentare”. Come dire, il governo non subirebbe scossoni. Facendo finta di dimenticare, ‘Matteo’, che Alfano non accetterebbe una scelta che, magari nel 2015, lo relegherebbe al peso di Gianfranco Fini.

Governo appeso, politica incerta. Vita precaria. Il teorema non fa una piega. Senza dimenticare che il Pd non può non fare il Pd. E che Renzi, che è il guardiano della sinistra, non può esimersi dall’avanzare proposte sulle unioni civili o sulla revisione della Bossi-Fini o Bossi-Giovanardi. Che è roba di sinistra e che qualcuno vorrebbe lasciare in sospeso, per amor di patria e stabilità. E che altri le definiscono proposte all’orologeria, messe lì per segnare il solco soprattutto con Ncd che sul tema dei gay e delle droghe leggere non è disposto a cedere di un millimetro.

Così Letta e Renzi discutono sul “contratto” di governo. C’è chi dice aspramente. Per poi ritrovarsi a Palazzo Chigi, storia di ieri mattina, alle 8, in un faccia a faccia durato un’ora e mezzo. E dire che fino a ieri, vista la temperatura, il vertice sembrava saltato. Un po’ perché al premier non era piaciuta la battuta del sindaco: “Sono un badante del governo”. Un po’ perché al segretario non va giù la cocciutaggine del primo ministro: “L’agenda di governo la faccio io”. E invece l’incontro è stato definito “utile e costruttivo”. Bene il dibattito sul Jobs Act, che ha ottenuto le aperture della Camusso, perfino sull’articolo 18. Bene l’idea di potare il Senato, faccenda promossa anche da Napolitano. Meno bene, e si ritorna al via, la questione sulla legge elettorale. Dove c’è di mezzo Berlusconi e i pericoli di tenuta.

BERLUSCONI – Incontri, come detto. Anzi, l’incontro: quello tra Renzi e Berlusconi. I due si sono incontranti. Anzi no, forse. Poi le smentite categoriche. Piccola nota polemica: ma la legge elettorale non riguarda tutti? Non è che stiamo parlando della pianificazione dello sbarco in Normandia.

Sta di fatto che i due per adesso non si sono incontrati. Renzi, finita la discussione con Letta si è rinchiuso nella sede romana del Pd, al Nazareno. Lì lo hanno raggiunto il ministro Delrio, il ministro Franceschini, il presidente del Pd, Gianni Cuperlo. Non Berlusconi, e non sarebbe stato male. Almeno, andandolo a trovare in ‘casa’ e scambiandogli la cortesia, ‘Silvio’ avrebbe messo fine una volta per tutte al tormentone Renzi-Arcore. Perché in questa vicenda, pesa anche il precedente: non è un caso che Renzi abbia dichiarato che è disposto ad incontrare tutti ma per discutere, “non per bere un caffè, quello preferisco farlo tra amici”.

Non si incontreranno ad Arcore, ma si incontreranno. E si misureranno sulla legge elettorale. Su quello che in questi giorni gli uomini di Renzi stanno trattando con Verdini, l’uomo del Cav, il più falco di tutti.

Come ha confermato nella tarda mattinata Brunetta: “C’è stato l'incontro Renzi-Berlusconi?” “Io non ne so nulla. Per quanto ne so non c’è stato. Ma ci sarà”. Da qui le richieste di Fi, quindi del Cav: “Si deve cercare – ha continuato Brunetta – una convergenza su un turno unico maggioritario, che consenta di sapere chi a ha vinto e chi ha perso”. Quindi nello specifico: “Bisogna ovviamente rispettare la sentenza della Corte e i modi per fare questo sono due: il Mattarellum che abbiamo già avuto, con correzioni; o il modello spagnolo che non abbiamo mai avuto, che però desta interesse in molte forze politiche. Su questi paletti siamo d’accordo. Ci sta anche Sel e anche il Movimento 5 stelle, pur con il suo linguaggio sempre in negativo”.

Stando così le cose, tramonterebbe l’ipotesi del sindaco d’Italia, con doppio turno e ballottaggio. Che ai forzisti non piace per via di un elettorato pigro, dicono, che mal volentieri digerirebbe la duplice chiamata. Insomma, potrebbe saltare proprio l’ipotesi che più sta a cuore ad Alfano. Da qui il bivio renziano: andare diritto con Berlusconi fino a far saltare il banco, oppure spingere per il sindaco d’Italia.

Primo caso. I pro: Renzi, saltato Letta, avendo messo fine all’equivoco delle larghe intese, si presenterebbe alla guida del Paese forte di un consenso esplosivo. I contro: il segretario potrebbe pagare proprio la pugnalata, la responsabilità della crisi. In più i tempi: strettissimi, primarie Renzi – Letta incluse.

Secondo caso. I pro: il Parlamento riforma lo strumento che regola la chiamata alle urne e non viene messa in discussione l’integrità della maggioranza. Renzi, protagonista dell’accelerata positiva, si potrebbe buttare sul piano lavoro, sulle riforme istituzionali e sulla campagna elettorale per Firenze (è di ieri l’ufficializzazione della candidatura). I contro: la questione potrebbe farsi lunga, e Renzi potrebbe correre il rischio di farsi candire dalla politica.


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