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La lettera della Bce: cos'è questa storia di Draghi che deve completare il programma lacrime e sangue della Troika

Tra i firmatari della famosa missiva inviata nel 2011 al governo italiano c'era anche il futuro capo dell'Eurotower. E oggi, anche nel M5s, c'è chi accusa SuperMario di essere "complice" delle politiche di austerity

Mario Draghi, ANSA

Riecco la Troika! Con il governo Draghi in rampa di lancio torna in voga uno dei leitmotiv più longevi, falsi e abusati della politica italiana delle ultime due decadi: quello secondo cui l’Europa (e solo l’Europa) sarebbe la madre di tutte le sciagure toccate all’Italia dall’inizio del nuovo secolo. Una teoria che ha trovato un seguito sempre più ampio dopo il caso della lettera inviata dalla Bce al governo italiano quando, era l’estate del 2011, il nostro Paese si trovava con un piede già piantato sul ciglio del burrone. La missiva era stata firmata dall’allora presidente della Banca Centrale Jean Claude Trichet e dal futuro uno dell'Eurotower, Mario Draghi. Nella lettera la Banca Centrale sollecitava il nostro governo ad adottare "con urgenza" una serie di misure per "rafforzare la reputazione della sua firma sovrana e il suo impegno alla sostenibilità di bilancio e alle riforme strutturali".

La lettera della Bce all'Italia

La Bce non si limitava a ricordare all’escutivo la necessità di fare le riforme, ma entrava anche nel dettaglio. “Le sfide principali  - si legge - sono l'aumento della concorrenza, particolarmente nei servizi, il miglioramento della qualità dei servizi pubblici e il ridisegno di sistemi regolatori e fiscali che siano più adatti a sostenere la competitività delle imprese e l'efficienza del mercato del lavoro”. 

Nella lettera venivano elencati in particolare due punti su cui, secondo la Bce, avrebbe dovuto intervenire:

  1. “È necessaria una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali. Questo dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala.
  2. "C'è anche l'esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d'impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione”. 

Per gli anti-europeisti era la prova che a l’Ue si era messa in testa di commissariare il Parlamento italiano e dettare le condizioni. Il resto è storia nota: dopo la caduta del governo Berlusconi IV, l’esecutivo tecnico guidato da Mario Monti è stato costretto a varare una serie di provvedimenti “lacrime e sangue” tra cui la riforma delle pensioni targata Fornero e a reintrodurre una tassa sulla prima casa.

Monti è riuscito così a centrare l’obiettivo di far scendere gli interessi sul debito pubblico e mettere il Paese al riparo dalla tempesta finanziaria. Ma non dalla propaganda di molti partiti, Lega e 5 Stelle su tutti, che hanno utilizzato lo spauracchio della Troika e dell’Ue per costruire le loro fortune elettorali. Oggi che Draghi ha già una scarpa e mezza a Palazzo Chigi, le posizioni sono molto sfumate. Salvini è si è trasformato nel giro di qualche giorno in un convinto europeista, pronto anche ad immolare il consenso elettorale sull'altare dell'unità nazionale. Il M5s appare invece sempre più dilaniato da tensioni e conflitti interni, sul nome di Draghi ovviamente, ma anche sull’identità da dare al MoVimento del futuro. Alla fine, dopo giorni di tira e molla, ieri è arrivata l’ufficialità che per decidere il da farsi Crimi e compagni si affideranno (di nuovo) a Rousseau.

Il senatore M5s Lannutti contro Mario Draghi: "Deve completare il programma della Troika"

Oggi il MoVimento non è più quello di un tempo (basta vedere gli appelli alla “responsabilità istituzionale” di Di Maio), ma non tutti sono disposti a dimenticare il passato così in fretta. E tra i penstastellati c’è anche chi, come Elio Lannutti, tira in ballo la famosa lettera della Bce che vede in calce anche la firma di Mario Draghi. "Draghi deve completare il programma lacrime e sangue imposto dalla Troika, che ha generato sofferenze indicibili a donne, vecchi e bambini in Grecia. Dobbiamo impedirlo!" scrive  il senatore su facebook ripubblicando il testo della famosa missiva.

Anche Gianluigi Paragone, ex del M5s e convinto sostenitore dell'Italexit, non si è lasciato sfuggire l’occasione per ricordare i noti fatti del 2011. “Il parlamento s’inchina, si umilia per far passare SuperMario - scrive il senatore -, in una maggioranza che ricomprende i comunisti col rolex e i sovranisti col loden. Tutti proni per questo ‘astro del ciel, pargol divin’, per questo ‘unitalian man’ come lo descrisse tempo fa il Washington Post, cioé un ‘non italiano’ come se gli italiani non fossero quel mix di genio e sregolatezza per cui gli americani vanno pazzi. Oggi i sovranisti sono pronti a votare per questo non italiano perché ‘Ce lo chiede la crisi’ che è una forma elegante per dire ‘Ce lo chiede l’Europa’. Un sequel di quel ‘Fate presto’ al cui grido, proprio grazie a un Draghi complice della Troika, arrivò l’altro uomo della Provvidenza Mario Monti”. Insomma, il cannoneggiamento contro Mario Draghi è già partito. Ma questa volta il fronte anti-Ue non è mai stato così debole e sfilacciato. 

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