Rassegna

Yara, busta con proiettili e minacce ai giudici: "Un mitomane"

Sulla busta non sono state trovate impronte digitali, nonostante il testo sia scritto con il pennarello. Per gli inquirenti si tratterebbe dell'opera di un mitomane

"Un mitomane", dicono gli inquirenti. Una busta con all'interno due proiettili e una lettera "di sostegno" a Massimo Bossetti e di insulti e minacce indirizzata alla Corte d'appello del tribunale di Bergamo e al pm Letizia Ruggeri è stata intercettata nell'ufficio postale di Redona, a Bergamo. 

La corte, presieduta dal giudice Antonella Bertoja, è quella di fronte alla quale si sta celebrando proprio il processo all'ex carpentiere di Mapello, accusato di aver ucciso Yara Gambirasio. La busta è stata sequestrata dalla squadra mobile contattata dagli addetti delle Poste che si erano insospettiti. Sulla busta non sono state trovate impronte digitali, nonostante il testo sia scritto con il pennarello. Per gli inquirenti si tratterebbe dell'opera di un mitomane.

IL PROCESSO - "La bambina è stata la vittima di un rifiuto ad accettare un approccio grossolano" a sfondo sessuale da parte di Massimo Bossetti, e ha pagato le conseguenze di "degenerazione" di momenti culminati in un crescendo di violenza. Yara Gambirasio, secondo la parte civile del processo a carico del muratore bergamasco, è stata caricata sull'autocarro "senza l'idea di arrivare dove si è arrivati (all'omicidio ndr); ha avuto probabilmente una reazione violenta e poi, come una slavina che si ingrandisce", è "degenerata" in una violenza totale nei suoi confronti da parte dell'imputato; poi è scesa dal mezzo ed ha provato a fuggire sul campo di Chignolo d'Isola, dove tre mesi dopo è stato ritrovato il suo cadavere. Lì, "l'orribile operazione di macelleria" compiuta per puro "sadismo", con l'unico scopo di "farle provare dolore". Lo ha detto Andrea Pezzotta, il legale di Maura Panarese, madre di Yara Gambirasio, nella sua arringa davanti alla Corte d'Assise di Bergamo.

L'avvocato ha parlato di "lesioni chirurgiche finalizzate solo a far male. Capite - ha detto alla Corte - perché i genitori di Yara non sono qui?". Le sevizie infatti, secondo Pezzotta, hanno due possibili spiegazioni: la prima, quando si odia o si ha un desiderio di vendetta nei confronti di una persona per cui non si accontenta di ucciderla ma ne vuole la sofferenza. E questo aspetto - ha osservato - è da escludere perché i due non si conoscevano. E l'altra, che è l'unica spiegazione plausibile, è che si tratti di sadismo, cioè di una devianza di natura sessuale: godere delle sofferenze altrui". Propensione per la quale ci sarebbe traccia, ha aggiunto, nelle ricerche su internet dei computer di casa Bossetti.


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