Rassegna

Viaggio nel mondo degli scafisti: "Siamo ex detenuti, i morti li gettiamo in mare"

Chi è che si mette in viaggio? "Ci sono disperati senza più niente da perdere - scrive Cremonesi sul Corriere - guerriglieri terrorizzati dopo le torture subite, ma anche medici braccati per aver curato le vittime del regime"

E' un reportage che "fa male", che non può lasciare insensibili quello di Lorenzo Cremonesi per il Corriere della Sera da Rashid, il porto sul Delta del Nilo dove i profughi siriani aspettano un passaggio dai pescatori.

La partenza avviene di notte. Ognuno ha "diritto" a un bagaglio di dimensioni ridotte, massimo sei chili. Ma molti decidono di non portare assolutamente nulla.

La dinamica è sempre la stessa: con minuscole barchette colorate di verde e azzurro vanno al largo, dove ci sono i barconi «madri» lunghi anche 30 metri dei pescatori che li dovrebbero portare verso una nuova vita in Europa: prima tappa è sempre l'Italia.

Le immagini dei salvataggi dei migranti

Chi è che si mette in viaggio? "Ci sono disperati senza più niente da perdere - scrive Cremonesi sul Corriere - guerriglieri terrorizzati dopo le torture subite, ma anche medici braccati per aver curato le vittime del regime, professionisti, negozianti cui hanno bruciato casa e bottega, uomini d’affari che hanno venduto sottocosto ciò che potevano e cercano salvezza con la famiglia".

"Mediterraneo mare di morte, mai più"

Prima di partire però ne hanno già passate di tutti i colori: "Devono trattare con i mediatori, gli sciacalli, i signorotti della malavita locale. I pescatori arrivano per ultimi e li nascondono alle retate della polizia per settimane tra le casupole immerse nei palmeti".

Il quotidiano di via Solferino riporta anche le testimonianze di alcuni scafisti:

«Sulle nostre barche non stanno tanto male. Possono mangiare e dormicchiare. Però il viaggio è lungo, dall’Egitto verso la Calabria o la Puglia dura tra i sette e dieci giorni, a seconda delle condizioni meteo. Ovvio che si possono incontrare burrasche, venti forti, e allora la situazione peggiora specie per i bambini e per chi soffre il mal di mare», racconta Mustafa, che nell’italiano non troppo stentato appreso durante i due anni e otto mesi trascorsi nel carcere di Ragusa non nasconde di essere uno scafista. Ne parla assieme ad Abbas, «compare» di prigionia, visto che è stato chiuso nelle celle di Enna per due anni e mezzo.

"L'Ue sta facendo rimpiangere Gheddafi"

"I pochi morti sono stati a causa delle condizioni di salute individuali. Li abbiamo gettati a mare. Cosa potevamo fare senza cella frigorifera?", spiega.

Molti scafisti sono ex detenuti nelle carceri italiane.

«I Carabinieri mi hanno preso a Rossano, in Calabria, il 23 novembre 2011. E sono rimasto in una cella con sette compagni sino al 30 luglio 2013. Tutti i giorni la stessa pasta scotta. Nelle carceri italiane ci sono oggi almeno 200 scafisti», stima. E tuttavia non nasconde che lo rifarebbe subito se avesse un buon ingaggio. Lui e il suo «compare» sembrano essersi ripresi in fretta. Mustafa ha compiuto tre viaggi verso le coste italiane quest’estate.

Intanto sui siti Internet degli immigrati fioccano le offerte. Ora anche per arrivare in Europa via aereo. Ma ci vogliono anche 5mila euro, a volte: soldi che sono in pochi ad avere.