Scienze

La terra che si scioglie: la "minaccia" del permafrost

Uno speciale su Nature Reviews Earth & Environment fa il punto sui rischi legati al disgelo del permafrost causato dal riscaldamento globale: miliardi di tonnellate di gas serra che potrebbero essere rilasciati nell’atmosfera nei prossimi decenni, e danni a palazzi e infrastrutture per miliardi di dollari

Credit: U.S. Geological Survey

Il riscaldamento globale sta cambiando radicalmente il paesaggio delle aree più fredde del nostro pianeta. E così dalle Alpi agli altopiani del Tibet, dalle tundre sconfinate del Canada a quelle della Siberia, un nuovo pericolo si affaccia all’orizzonte: il disgelo del permafrost, lo strato di suolo perennemente ghiacciato che caratterizza le regioni della Terra in cui le temperature rimangono stabilmente sotto zero. Il rischio – si legge in una raccolta di articoli sull’argomento appena pubblicato su Nature Reviews Earth & Environment – è di due tipi: da un lato, i terreni scongelandosi libereranno enormi quantità di gas serra, contribuendo ad accelerare l’aumento delle temperature; dall’altro, lo scioglimento comprometterà la stabilità del suolo, danneggiando palazzi e infrastrutture costruiti sul permafrost.

Riguardo al primo aspetto, le stime degli esperti ci dicono che attualmente ci sono oltre 1.700 miliardi di tonnellate anidride carbonica e metano custodite nei terreni ghiacciati che compongono il permafrost. I cambiamenti climatici causati dall’uomo rischiano di liberare questi gas serra nell’atmosfera, andando a realizzare quello che gli scienziati definiscono permafrost carbon feedback, cioè un circolo vizioso in cui le emissioni provenienti dallo scioglimento dei terreni ghiacciati contribuiscono ad aumentare le temperature, e queste a loro volta velocizzano lo scioglimento del permafrost, e la conseguente emissione ci CO2 e metano. Quanto e come cambierà la situazione non è ancora chiaro, perché le ricerche in questo campo sono ancora agli inizi, ma con le temperature che nell’Artico aumentano dalle due alle quattro volte più velocemente rispetto al resto del pianeta, non c’è sicuramente da stare tranquilli.

Passando ai rischi per le infrastrutture, un team di ricercatori del California Institute of Technology di Pasadena ha calcolato che una percentuale che va dal 30 al 50% di tutte le strade, gli impianti industriali e le strutture residenziali situate nell’artico è a rischio a causa dello scioglimento del permafrost. E nonostante si tratti di aree poco abitate, i danni potrebbero rivelarsi imponenti. Parliamo infatti di almeno 120mila palazzi, 40mila chilometri di strade e 9.500 chilometri di gasdotti e oleodotti che sorgono in aree dove lo scioglimento del permafrost potrebbe causare danni strutturali. Nella sola Russia, i costi di manutenzione delle infrastrutture esistenti nei prossimi 30 anni potrebbero raggiungere i sette miliardi di dollari. In Canada, calcolando solamente i danni alle infrastrutture pubbliche si parla di una cifra compresa tra i tre e i sei miliardi di dollari entro il 2030.

E per chi pensa che il problema non ci riguardi, ricordiamoci che anche in alcune aree delle nostre Alpi il suolo è composto da permafrost. E che la sua degradazione (e ancor più lo farà in futuro) frane e danni infrastrutturali, costosi e pericolosi. “Lo scongelamento del permafrost sta compromettendo l’integrità dei versanti, e rappresenta un rischio concreto per le comunità che abitano in zone montane – ricorda il glaciologo Poul Christoffersen, dello Scott Polar Research Institute di Cambridge – gli esempi drammatici non mancano: nel 2017 una larga porzione di un versante montano è crollata in mare nella municipalità di Avannaata, nel nord della Groenlandia, uccidendo quattro persone, e costringendo il governo groenlandese a evacuare l’intero villaggio di Nuugaatsiaq, rilocando permanentemente i suoi abitanti in un altro paese”.


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