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Gargano: " L'Italia non può permettersi sciatterie"

Il Presidente dell'A.N.B.I. sul dissesto idrogeologico italiano, ha spiegato le necessarie strategie di prevenzione del rischio. Perché non si tratta solo di calamità naturali

Un italiano su dieci vive in zone pericolose e l’82% dei Comuni nel Bel Paese è a rischio idrogeologico, eppure continua a prevalere la cultura dell’emergenza che sostituisce, di gran lunga, quella della prevenzione. In Italia si continua ad affrontare il problema solo in occasione di tragedie e vite umane perdute; eppure il tappo della sopportazione è saltato molte volte. L’A.N.B.I. - Associazione nazionale dei Consorzi di bonifica, di irrigazione – ha proposto un Piano di Interventi per la Riduzione del Rischio Idrogeologico, e ha snocciolato cifre impressionanti. Ne abbiamo parlato con il Presidente Massimo Gargano

L’A.N.B.I. ha aggiornato nel 2013 il Piano di Interventi per la Riduzione del Rischio Idrogeologico, sottolineando l’urgenza di una politica del territorio e di una volontà di governo unanime. Cosa propone, in sintesi, questo piano? E cosa è stato fatto nella direzione da voi proposta?

L’A.N.B.I. propone oltre 3.300 interventi, tutti immediatamente ‘cantierabili’ e in grado di generare occupazione; oltre che sicurezza per i cittadini e per le loro proprietà. Sono previsti sette miliardi e 400milioni di investimento, ma soprattutto (in previsione di una banale risposta sulla mancanza di queste risorse) propone come trovare i finanziamenti: tramite mutui quindicennali accesi dalla Cassa Depositi e Prestiti. Si tratta di un percorso che abbiamo già sperimentato con il piano nazionale e che sta dando ottimi frutti; piano che però ha avuto grande eco e applicabilità solo ed esclusivamente dopo la tragedia, la conta dei morti e dei danni; cioè in emergenza, mai in prevenzione. Questa è la sfida: un grande progetto di civiltà e di economia da attuare preventivamente.

Un disegno di legge di qualche mese fa stanziava 10milioni di euro per la demolizione di immobili abusivi realizzati in aree a elevato rischio idrogeologico. A che punto siamo, che fine ha fatto quella proposta?

Purtroppo anche da questo punto di vista vi è una sensibilità degli annunci e poi vi è una sensibilità della concretezza. Su quella degli annunci non ho dubbi che questo è un paese assolutamente unito, su quello della concretezza la logica che vince è quella del condono.

Avvenire ha denunciato, qualche tempo fa, che il Ministero dell’Ambiente avrebbe stanziato 2 miliardi e 75 milioni di euro per l prevenzione del dissesto idrogeologico da parte delle Regioni. Ma in realtà quasi niente è stato compiuto. Cosa ne pensa?

Purtroppo sotto questo aspetto abbiamo regioni virtuose, pochissime, che si sono mosse e hanno operato, e regioni che non solo hanno fatto poco, ma hanno utilizzato queste risorse per il Governo, il sostentamento di gestioni commissariali, che in qualche modo hanno significato un commissario, una segreteria tecnica, una segreteria operativa, una sede un ufficio comunicazione e non altro. Questo è un serissimo problema, anche dal punto di vista delle risorse. Io credo che le risorse, che sono state stanziate dal Ministero dell'Ambiente, nella recentissima legge di stabilità, unite a tutte le risorse che venivano dagli accordi di programma sarebbero un ottimo, un eccellente start up, ma bisogna rimuovere quelle condizioni ostative a spendere quei soldi, perché questo è veramente grave, perché quei soldi oltre a generare sicurezza, generano occupazione. Questo paese non può permettersi sciatterie o non trasparenze sia dal punto di vista dell'occupazione, che dal punto di vista dell'impegno sulla spesa. In ultimo quelle risorse non possono essere spese in emergenza per una grande differenza che c'è, tra le spese programmate che hanno un percorso lineare e trasparente e quelle invece della emergenza che sono risorse spese diciamo così in maniera assolutamente meno trasparente e la storia del paese Italia è piena appunto di vicende che poi ci insegnano anche questo.

Come può cambiare la cultura d’emergenza italiana in cultura di prevenzione?

Restringendo quel delta che c'è tra il dire e il fare, convincendo i governanti, chi ha responsabilità, il Parlamento e il Governo, del bisogno di una nuova politica per il territorio, perché è al centro di un meccanismo di crescita e sviluppo del nostro Paese. Per essere tale un territorio deve essere sicuro dalle alluvioni d'inverno, dalle siccità in estate e dalla conta dei morti. Il politico comprenderà indubbiamente che anche se non sarà lui ad inaugurare quell'opera, perché questo è il motivo, ma indubbiamente lui inaugurerà le opere di altri. Questo per quanto riguarda il Governo e il Parlamento, mentre per quanto riguarda i cittadini i cittadini devono rendersi conto che ora mai è tempo di avere altri comportamenti, non si può continuare a costruire, case abusive nell'alveo dei torrenti, nell'alveo dei fiumi, sugli argini, pena una presso che certezza che in un momento in cui lo strutturarsi dei cambiamenti climatici, che è sotto gli occhi di tutti, il consumo del suolo che ora mai è stato da tutti accertato, si abita, si vive, si opera in strutture, in opifici ad altissimo rischio, per la propria salute e per la propria incolumità. Cambiamenti per chi governa, ma anche cambiamenti per i cittadini, cambiamenti di atteggiamenti.


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