World Environment And Oceans Day

Sesta estinzione di massa: quali sono gli scenari?

Dopo aver studiato le cinque più importanti estinzioni, due oceanografi hanno ipotizzato quali possano essere i possibili scenari per gli oceani e le specie marine

Foto di David Willis by Pexels

Forse non tutti ricordano quel periodo storico che abbiamo studiato a scuola durante le ore di scienze, noto come la Grande moria o, per usare un termine più tecnico, Estinzione di massa del Permiano-Triassico. Stiamo parlando di circa 250 milioni di anni fa, quando il pianeta Terra doveva fare i conti con il peggiore evento di estinzione di massa della sua storia, ancora più grave di quello che spazzò via i dinosauri 66 milioni di anni fa. Questo periodo fa parte delle cinque grandi estinzioni di massa, notoriamente riconosciute.

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Agli albori della sesta estinzione

Perché si chiama Grande moria? Perché fu un vero e proprio disastro: i gas serra emessi dalle eruzioni vulcaniche in Siberia raggiunsero il cielo, scaldando la Terra e generando piogge acide che si riversarono sul suolo. Ma il vero dramma si consumò negli oceani, dove le temperature aumentarono di 10 gradi Celsuis e le correnti marine profonde rallentarono, privando gli oceani di ossigeno e causando l’annientamento del 95% delle specie acquatiche. Si stima che circa il 96% delle specie animali persero la vita. I precedenti livelli di biodiversità vennero ristabiliti solamente decine di milioni di anni dopo.

Lo scenario è apocalittico e bisogna andarci cauti nel rintracciare possibili correlazioni tra questa estinzione di massa e le conseguenze del riscaldamento globale. Tuttavia, gli oceanografi Curtis Deutsch e Justin Penn si sono interrogati sui possibili scenari del cambiamento globale, partendo proprio dallo studio della Grande moria.

Due possibili scenari per la sesta estizione di massa

Che tipo di estinzione può essere causata dal cambiamento climatico? Due gli scenari, secondo gli studiosi: nel primo, le emissioni legate ai combustibili fossili aumenteranno rapidamente, portando le temperature a un aumento di circa 4,9 gradi Celsius entro il 2100. Si tratta di una situazione alquanto improbabile, dal momento che prevede un aumento dell’uso del carbone, contravvenendo agli Accordi di Parigi sul clima. Nel secondo, i livelli più contenuti di emissioni mantengono l'innalzamento delle temperature appena sotto i due gradi entro la fine del secolo.

Questi due scenari analizzati sono stati lo strumento per stimare le ripercussioni sulla domanda e sull’offerta di ossigeno nell’oceano, dal momento che l’aumento della domanda e la diminuzione della disponibilità di ossigeno sono state due ragioni principali per cui l'estinzione del Permiano-Triassico causò la scomparsa di tante specie marine.

La risposta è già visibile sotto gli occhi di tutti: la prossima estinzione (la sesta estinzione di massa) non avverrà in modo uniforme su tutto il pianeta: le specie marine ai tropici probabilmente si sposteranno più a nord e a sud, mentre le specie che già vivono vicino ai poli corrono un rischio maggiore di estinguersi del tutto.

L’impatto degli esseri umani sull’estinzione

Cosa può fare l’essere umano per fermare o rallentare tutto questo? Nel 2008 l'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura ha riportato che il 22 per cento delle specie marine valutate erano a rischio di estinzione. Governi e ong potrebbero quindi proteggere e tutelare ampie aree marine protette, l’equivalente oceanico dei parchi nazionali.

Triplice crisi planetaria: di cosa si tratta e come fare per risolverla

Questo ottobre i membri della Convenzione delle Nazioni Unite sulla Diversità Biologica si riuniranno per definire gli obiettivi per la tutela della biodiversità sul pianeta. Tra le proposte principali, c'è un piano per trasformare almeno il trenta per cento delle aree terrestri e marine in zone protette. Un’esigenza primaria, dal momento che la costa è il luogo per eccellenza in cui esseri umani e specie marine dialogano, entrando purtroppo spesso in conflitto.


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