Musica

Le 10 canzoni più belle di Fabrizio De André (secondo noi)

A 20 anni dalla scomparsa del cantautore, una rassegna dei brani che più lo ricordano

Fabrizio De Andrè (foto ANSA/FONDAZIONE FABRIZIO DE ANDRÉ

11 gennaio 1999: sono vent’anni che questa data è fissa nella memoria collettiva come il giorno dell’addio a uno dei cantautori più conosciuti e apprezzati della storia della nostra musica.

Dici ‘Fabrizio De André’ e si apre un mondo. Un universo fatto di canzoni, di poesie, di pensieri accompagnati da quel tipo di musica talmente insita nel dna degli italiani che mica se lo ricordano quand’è che l’hanno sentita la prima volta…  

Perché con ‘Il pescatore’ nelle orecchie ci si nasce, con i mille papaveri rossi che vegliano su Piero si continua a pensare alla pena di una guerra infinita, e quelle comari del paesino spietate verso ‘Bocca di Rosa’ esistono ancora, e sono maschi e femmine, tutti allo stesso modo trincerati dietro account social che esprimono giudizi senza parafrasare, oggi come ieri.

Non è facile scrivere di De André, affibbiargli una definizione, provare a descrivere la sua vita tanto discutibile quanto affascinante (i numeri registrati dal film Fabrizio De André – Principe Libero’ hanno dimostrato l’attenzione che il pubblico ha ancora verso di lui).

Per questo lasciamo parlare lui attraverso i suoi testi e la loro storia.

Lasciamo che a descriverlo siano quelle che secondo noi sono i dieci brani più rappresentativi di un uomo che ha vissuto e ancora esiste, c’è, mentre l’audio delle sue canzoni si libera nella stanza.

Fabrizio De André, La canzone di Marinella 

Scritta nel 1962 e portata al successo dall’interpretazione di Mina che la fece conoscere al grande pubblico, la canzone si ispira a un fatto di cronaca avvenuto quando il cantautore aveva solo 15 anni. Sottofondo di romanticismo e leggerezza caratterizzano una delle sue canzoni più famose.

Fabrizio De André, Il pescatore

“Il pescatore” è una di quelle canzoni che tutti hanno canticchiato almeno una volta nella vita. Scritta nel 1970, è la storia dell’incontro tra un pescatore e un criminale e dell’insolita solidarietà che si viene a creare tra i due. Una ballata in quattro accordi che fu poi rimaneggiata dalla PFM, con cui De André fece una tournée nel 1979. La versione della PFM, più movimentata, fu poi adottata dallo stesso cantautore nelle sue esibizioni dal vivo.

Fabrizio De André, Bocca di rosa

“Bocca di rosa” è un altro di quei brani diventati patrimonio collettivo di intere generazioni di italiani. Pubblicata per la prima volta come singolo nel 1967, la canzone fu inserita poi nell’album “Volume I”. La Bocca di rosa raccontata nel testo è una prostituta che, molto probabilmente, è ispirata a una delle tante che De André frequentava, per conoscere la Genova dei bassifondi e degli ultimi. L’empatia del cantautore verso gli emarginati della società caratterizza tutta la sua produzione.

Fabrizio De André, La guerra di Piero

Datata 1964, “La guerra di Piero” è una canzone sulla guerra, altro tema che ogni tanto fa capolino nella produzione del cantautore. Il testo fu ispirato dai racconti dello zio di De André, reduce dalla guerra e dai campi di concentramento. Ancora oggi, la canzone viene inserita nelle antologie scolastiche come inno contro la guerra.

Fabrizio De André, Dolcenera

Anche “Dolcenera”, inserita nell’album “Anime salve” del 1996, è considerata una delle canzoni più famose di Fabrizio De André. Al disco collaborò, per le musiche, Ivano Fossati, con cui Faber aveva già lavorato precedentemente. Il brano “Dolcenera” è ispirato all’alluvione che colpì Genova nel ‘70, che fa da sfondo alla storia di un innamorato che aspetta invano la sua donna. Il titolo della canzone ha poi ispirato il nome d’arte della cantante Dolcenera.

Fabrizio De André, Don Raffaè

Contenuta nell’album “Le nuvole”, del 1990, “Don Raffaè” può essere considerata una delle canzoni più celebri di De Andrè. Cantata interamente in napoletano, è stata scritta dallo stesso Faber in collaborazione con Massimo Bubola e Mario Pagani. Il protagonista è un boss della camorra, che è stato identificato in Raffaele Cutolo, ma il vero messaggio della canzone è quello di denuncia della situazione critica nelle carceri italiane e contro il potere della malavita sullo Stato. Il celebre ritornello è preso dalla canzone di Domenico Modugno “‘O ccafè”.

Fabrizio De André, Princesa

Per scrivere questo brano l'autore si ispira alla storia di Fernanda Farias de Albuquerque, giovane contadina nata in un corpo maschile. Fernanda nasce col desiderio di essere qualcun altro, conosce il disagio, la solitudine, l'emarginazione, la prostituzione e poi la fortuna di piacere ai clienti (milanesi in primis) che con i loro soldi le permettono di pagarsi l'operazione per cambiare sesso. 

Fabrizio De André, Una storia sbagliata 

Il testo del brano è dedicato a Pier Paolo Pasolini e tratta della tragica scomparsa del poeta avvenuta nel 1975, La canzone gli fu commissionata dalla Rai per fare da sigla al programma Dietro il processo sulle morti del regista e di Wilma Montesi, 21enne uccisa nel 1953, il cui caso ebbe grande rilievo mediatico a causa del coinvolgimento di numerosi personaggi di spicco nelle indagini successive al presunto delitto. 

Fabrizio De André, Amore che vieni amore che vai

Una delle ballate più famose di Fabrizio De André è “Amore che vieni amore che vai”, del 1966. La canzone è anche una di quelle che hanno ricevuto più cover in assoluto. Insieme a “La ballata dell’amore perduto”, “Verranno a chiederti del nostro amore”, “La ballata dell’amore cieco” e “Valzer per un amore” è una delle canzoni d’amore più dolci e ispirate del cantautore genovese. La fugacità dell’amore è espressa con versi che possono essere considerati poesia pura.

Fabrizio De André,  Se ti tagliassero a pezzetti

"Se ti tagliassero a pezzetti" una canzone d'amore e insieme un inno alla libertà. In seguito alla censura, il verso «signora libertà, signorina anarchia» è stato modificato nella versione in studio in «signora libertà, signorina fantasia», così come «il polline di un dio, di un dio il sorriso» viene spesso modificato in «il polline di dio, di dio il sorriso».

La paternità della canzone è del cantautore Massimo Bubola, per quanto probabilmente il testo sia stato integrato e sicuramente reso proprio da De André. Secondo quanto dichiarato da Bubola, la canzone contiene un'allusione alla strage di Bologna del 1980: «T'ho incrociata alla stazione / che inseguivi il tuo profumo / presa in trappola da un tailleur grigio fumo / i giornali in una mano e nell'altra il tuo destino / camminavi fianco a fianco al tuo assassino».


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